L’alternanza scuola-lavoro decolla, tra mille difficoltà e proteste

Dal sito di repubblica del 29 febbraio 2016 

L’altro giorno, davanti al palazzo dell’Assolombarda, c’è stata la contestazione pubblica del progetto ministeriale dell’alternanza scuola lavoro. “Questa è la svendita dell’istruzione alle aziende”, era il refrain megafonato. “Sfruttano ragazzi di sedici anni”, nuovi lavoratori non retribuiti. “Metteranno gli studenti a fare le fotocopie”. Una prima opposizione si era registrata la scorsa settimana, guidata dai sindacati di base.

Questa nuova materia – una vera e propria disciplina didattica, l’alternanza scuola-lavoro, che nel 2016 coinvolgerà 500 mila studenti delle terze superiori negli istituti professionali e nei tecnici, ma ora anche nei licei classici, scientifici e internazionali – si è messa in moto davvero. Con tutto il peso della novità, la fatica che è solita accompagnare un ministero pachidermico come l’Istruzione, le contestazioni sulla Buona scuola che non si sono spente con l’addio al conflittuale 2015.

L’alternanza, sì, è partita. E questa – di là del pensiero di ogni protagonista dell’evento – è una notizia di rilievo, inciderà in profondità sulle abitudini e i risultati della nostra scuola. E’ partita con una buona offerta di aziende al Centro-Nord e una penuria asfissiante al Sud. E’ partita dopo le cento e cento telefonate dei singoli dirigenti scolastici mentre altri presidi, esausti, hanno chiesto ai certificatori (in questo caso un’università romana) se al loro istituto potevano essere attribuite le ottanta ore di quest’anno senza che nessun alunno uscisse dalla classe. L’alternanza scuola-lavoro, le due settimane di apprender facendo, è partita con la ricerca affannosa di redazioni di giornali, organizzazioni non governative, musei, biblioteche e alla fine – è accaduto anche questo – scoprendo parrocchie nel Milanese e nel Bergamasco disponibili a far fare un’esperienza lavorativa nei loro archivi, catalogando beni culturali.

Molti licei hanno dovuto ripiegare sulle noiose lezioni interne sulla sicurezza, anche perché diverse aziende degli studenti liceali non sanno bene che farsene: “Non hanno specializzazione”. Il presidente di Confindustria ci ha messo del suo a complicare le cose sostenendo che quest’ultimo aggravio di spese per le aziende avrebbe dovuto essere affrontato solo di fronte alla concessione di sgravi fiscali generali da parte del governo. Sull’altro fronte, ci sono collegi docenti che si sono formalmente espressi affinché non venissero sottratte ore al greco e al latino per portare sedicenni nei capannoni. Alcuni presidi, al Sud, hanno persino scritto alle famiglie rassicurandoli che le due settimane “in fabbrica” saranno svolte in estate e una scuola di prestigio come il Giulio Cesare di Roma ha scelto giugno come il periodo giusto da utilizzare quest’anno. Alla fine dell’anno scolastico. “Per ora non potevamo fare di più”. Altri istituti, infine, si sono accontentati di progettare la produzione di cose a scuola, senza trasferta sul “posto di lavoro”: si chiama impresa formativa simulata.

A Bologna, Borgo Panigale per la precisione, la Ducati da tanto allarga i suoi portoni alle scuole tecniche. Al Liceo Palmieri di Lecce hanno sistemato 160 ragazzi in alternanza: “Abbiamo lavorato con agenzie del territorio, rapporti diretti. Ottanta ore quest’anno e ottanta il prossimo lasciando 40 ore per chi farà la quinta nel 2017-2018, anno impegnativo per antonomasia. Una settimana l’abbiamo fatta subito dopo Natale, una seconda è programmata per gli ultimi giorni di maggio. Alcuni studenti andranno nelle università, Ingegneria e Beni culturali, altri nei giornali online, altri in agenzie di viaggio, laboratori di analisi, librerie, all’Archivio di Stato, in banche che hanno fatto fatica a trovare l’assicurazione per il rischio rapine, nelle aree di scavi archeologici. “Non è stato facile, ci lavoriamo da settembre, non so come se la sono sognata al ministero”, dicono il vicepreside Stefano Nuzzoli e la dirigente Loredana Di Cuonso. “Il tessuto imprenditoriale qui è rarefattto, come si fa ad assorbire tutti questi studenti?”. Nell’istituto del Salento metà iscritti sceglie Medicina: chi è andato in un laboratorio di analisi è tornato con competenze più forti, ed entusiasta. “Questi ragazzi hanno capito, finalmente, che potevano fare quello che immaginavano e hanno trovato una rimotivazione nello studio”. Per il primo anno il Palmieri ha ricevuto 15.000 euro dal ministero.

Il Liceo Socrate di Bari ne ha ricevuti 18.000 e diversi ragazzi, racconta la preside Santa Ciriello, hanno già realizzato un progetto per la sicurezza della Pinacoteca Corrrado Giaquinto. L’Università privata romana Luiss è partita il 18 gennaio e fino al 30 luglio porterà i liceali di Lazio e Veneto, Trentino e Friuli a rotazione in tutti i suoi uffici per mostrare come funziona un ateneo. Così l’Università di Tor Vergata mentre La Sapienza fatica a tradurre un progetto di alternanza in un’alternanza applicata. Ottanta istituti tecnici e professionali delle province di Milano e Lodi sono stati inseriti nelle reti territoriali promosse da Assolombarda. Il già rodato percorso Abc Digital porterà oltre 1.200 studenti di 35 istituti a insegnare internet e app a 1.300 over sessanta tra Milano e le province di Lodi, Monza e Brianza, Brescia.

Il preside Giuseppe Gelardi dell’Istituto Severi-Guerrisi di Gioia Tauro (Reggio Calabria) negli ultimi tre anni ha coinvolto 180 aziende dell’area. D’altronde, le esperienze diventate letteratura sono visibili. Valerio Vagnoli, dirigente scolastico dell’Istituto alberghiero Aurelio Saffi di Firenze, ha creato insieme ad alcuni prof della scuola la fondazione “La prova del Nove”, con la quale gestisce un ristorante didattico, un’alternanza che è un vero e proprio lavoro. L’anno scorso sette ragazzi dell’Alberghiero hanno trovato occupazione nella ristorazione ufficiale e una ragazza (la più brava) adesso lavora a Parigi come cuoca in un locale stellato.

Al ministero dell’Istruzione sono consapevoli che l’avvio è stato complicato. Tanto che il sottosegretario Gabriele Toccafondi ha dovuto dire, proprio in Assolombarda: “Non siamo all’anno zero, ma c’è molto da fare perché dopo quaranta anni di blocco tra scuola e lavoro non è semplice buttare giù un muro e costruire una strada che colleghi le due realtà”.

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