Una stella al merito del lavoro per il dolce far nulla ?

d al notiziario dei maestri del lavoro di milano

di Enrico De Carli

Gratis o pagato, lavorare è sempre lavorare: questa una scritta sui muri lasciata dal corteo no Expo il primo maggio scorso a Milano. In questa frase è contenuto un modo di pensare, di vivere, oggi come domani in un futuro possibilmente senza lavoro visto come una pena, un ostacolo a una vita sognata, una iattura insomma. Quest‟affermazione dei cosidetti “centri sociali” si pone in aperto dissenso con quello che raccontiamo agli studenti, ovvero che con il lavoro si possono realizzare sogni e aspirazioni, che ogni lavoro è nobile, anche se non soddisfa i nostri sogni, perché ci fa sentire utili a noi e alla società ecc.ecc.

Un dubbio ci assale: non avranno ragione loro ? dovremmo forse spingere il Presidente della Repubblica a istituire una stella al merito del far nulla? Penso un attimo a una nazione, anzi meno, una città, ancor meno, un paese, dove nessuno fa nulla perché così ha deciso il sindaco con la sua giunta da un certo giorno: il primo aprile 2050. Quel giorno tutti a casa dal lavoro, i negozi non aprono, la gente passeggia allegramente , chiacchera, ride e scherza e commenta con grande soddisfazione la rivoluzione di Femnagott, nome con cui si è ribattezzata la ridente cittadina brianzola.

Qualche problema comincia a mezzogiorno perché Maria, Luisa, Giuseppina e tante altre madri di famiglia si rifiutano di cucinare, i mariti e i figli pure, e allora si mangia quel che c‟è finche ci sarà. Perché andare al Super o dal bottegaio è inutile, si trova l‟uscio di legno. Ti resta la tele, perché a Roma, Milano questi stupidi continuano a lavorare, oppure prendere la macchina ma il benzinaio non lavora e andare a piedi al paese vicino a prendere il carburante è dura e poi la tannica pesa. Passano i giorni e la vita diventa sempre più dura, manca da mangiare, se stai male il medico non ti visita (chi se frega del giuramento di Ippocrate quel che conta è quello di Lazzaroni), dagli altri paesi si rifiutano di lavorare per loro , comincia a serpeggiare il malcontento, qualcuno, prima pochi poi tanti, chiede di rivedere la decisione in cui tutti avevano creduto, alcuni se ne vanno da Femnagott e si trasferiscono a qualche chilometro di distanza a Femunquaicoss. Là non si ammazzano dal lavoro ma qualcosa fanno, non sempre, ogni tanto, tutto sommato si riesce a vivere senza abdicare del tutto a quell‟idea nata il primo aprile.

Un gruppo di cittadini più agitati degli altri, dei facinorosi per dirla giusta, si riuniscono e decidono di prendere in ostaggio il sindaco e il segretario comunale perché riconvochino il Consiglio per ritornare sulla famigerata decisione, ma questi si barricano con la bandiera nel Comune e si rifiutano di obbedire. La gente si raduna in piazza, tutti parlano, tanti litigano, qualcuno urla, finche un ragazzino, una bel viso sveglio, si arrampica sul palo della luce e, alle grida della madre che lo vede in pericolo di morire fulminato fa mostra di voler parlare, Fare silenzio non è facile, e poi perché far parlare uno stupido ragazzino, il Betto, soprannome di Bettino, Finalmente il silenzio cala sulla piazza e Betto riesce a spiccicare poche parole: vi siete dimenticati che il primo aprile è il giorno degli scherzi ? Un attimo di smarrimento, sguardi attoniti, e, finalmente l‟urlo liberatorio Viva il Betto cui segue, ironica, cantata sempre dal Betto la canzone in Biancaneve ed i sette nani:  andiam a lavorar. Dal faceto al serio: ci sono sempre stati quelli che lavorare stanca, ne han fatto persino un film, ma se ci pensi a non lavorare ti puoi stancare ancor più; per fortuna ci sono i centri sociali, che essendo sociali si occupano di loro che per fortuna hanno qualcuno che lavora per loro, mamma, papa, zie ecc, E‟ il contrario di quello che succedeva nei secoli passati : allora i potenti e i ricchi facevano lavorare gli altri e loro non lavoravano. E noi maestri, che facciamo, continuiamo ? ma si continuiamo che ne vale la pena !!!

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