La bufera sulla scuola italiana: quel che nessuno vi ha detto

D i scuola si è parlato molto negli ultimi mesi e questo, direbbe il saggio, è cosa buona. Ma cosa si è detto?
In tanto clamore, il normale cittadino non addetto ai lavori si è potuto fare l’idea che si sia voluto stravolgere a forza un modello di scuola che invece andava difeso. E’ proprio così?
Cominciamo con il rilevare un dato: l’unico obiettivo esplicito della protesta è stato il ritiro dell’intero progetto. Si riteneva necessaria solo l’assunzione di centomila insegnanti, che comunque venivano giudicati troppo pochi.

Vediamola allora, in pochi punti chiave, questa scuola che si voleva conservare ad ogni costo:
1. Lo sapevate che, già prima delle centomila assunzioni, la nostra scuola è quella che in Europa ha più insegnanti in relazione al numero degli studenti? Che il rapporto è di circa 1:11 contro 1:15? Che l’età media dei nostri insegnanti è di oltre 55 anni, mentre nel resto di Europa si aggira su poco più di 40? E che da noi si entra in ruolo a quasi 42 anni (dopo un estenuante e umiliante precariato) contro i 25-27 degli altri paesi?
2. Lo sapevate che ormai da decenni il reclutamento degli insegnanti avviene per lo più grazie a sanatorie, senza alcuna attenzione né alla selezione di giovani laureati motivati né ad una valutazione dei precari sulla base della loro prova sul campo? E che questo viene definito “tutela dei diritti acquisiti”, mentre la scuola dovrebbe tutelare prima di tutto i diritti degli studenti?
3. Lo sapevate che la nostra è la scuola d’Europa con più abbandoni (circa il 20%) e dove le assenze degli studenti sono oltre il doppio rispetto alla media? Sarà forse perché le attività che vi si svolgono non riescono a coinvolgerli e interessarli?
4. Lo sapevate che il 95% degli studenti frequenta scuole statali mentre quelle paritarie chiudono l’una dopo l’altra, perché le famiglie non riescono a sostenerne i costi? Si è manifestato contro una immaginaria “privatizzazione”, contro un attacco alla scuola pubblica, mentre ci si avvia di fatto al monopolio statale, con tutti i difetti di ogni monopolio.
5. Lo sapevate che una famiglia interessata a trovare una buona scuola non dispone ad oggi di nessuna informazione ufficiale e deve affidarsi al “passaparola”? e che questo avviene perché la scuola statale è in realtà un luogo “privatissimo”, della cui qualità non si riesce a sapere quasi nulla, nemmeno che ogni anno gli insegnanti (anche quelli di sostegno) ruotano “a domanda” fra una scuola e l’altra per circa il 20%? Dove è l’attenzione per l’auspicabile “continuità didattica”?
6. Lo sapevate che i nostri curriculi hanno un carattere enciclopedico (facile all’oblio) e una forte prevalenza delle materie cosiddette umanistiche rispetto a quelle scientifiche e tecniche? Che sono così rigidi da non permettere alcuna opzionalità per gli studenti? Che perfino il latino, che è opzionale in tutti i paesi del mondo, in Italia (e in Grecia) è invece materia obbligatoria per circa il 40% degli studenti delle secondarie?
7. Lo sapevate che da noi la didattica è prevalentemente “trasmissiva” e che buona parte del tempo scuola è impegnato da lezioni ed interrogazioni, senza un coinvolgimento più motivante e interattivo degli studenti? E che le verifiche orali hanno la netta prevalenza su quelle scritte e sui test, al contrario di quanto accade negli altri paesi?
8. Lo sapevate che nelle varie indagini Pisa dell’Ocse, che riguardano circa sessanta paesi, le competenze degli studenti quindicenni italiani sono sempre risultate sensibilmente al di sotto della media?
9. Lo sapevate che tutte queste anomalie e ritardi non dipendono dalla lamentata carenza di risorse finanziarie, visto che la percentuale del Pil destinata alla nostra scuola è del 3%, cioè in media europea, e soprattutto che il nostro “ costo per studente” è addirittura più alto? Il problema sta tutto nella loro cattiva allocazione: troppe risorse al personale addetto (con stipendi più bassi, ma per un numero di addetti troppo alto) e troppo poche per la qualità del servizio (edilizia, premialità agli insegnanti e presidi meritevoli, assenza di un sistema di valutazione esterno delle scuole, pochissima ricerca).
Questa è la scuola che le proteste dei mesi scorsi hanno cercato in ogni modo di mantenere inalterata, a profitto (forse) di chi ci lavora, ma non certo di chi ci studia e dovrebbe costruire qui il proprio futuro.
Va preso atto che con la scuola di massa il sistema ha cambiato scala dimensionale e, per certi aspetti, persino natura: l’obiettivo oggi dovrebbe essere istruire ed educare tutti. Risulta evidente che il nostro sistema scolastico non si è adeguato alla scuola di massa: né nel suo modello organizzativo e gestionale (che rimane accentrato e lontano da dove nascono i problemi) né nelle regole del gioco per motivare gli operatori a dare il meglio.
Tutti conoscono numerosi esempi di docenti preparati ed impegnati nel loro lavoro o di presidi eccellenti organizzatori: ma si tratta di comportamenti individuali che in questo contesto non riescono a fare sistema, né ad elevare i livelli medi della scuola italiana.
Il progetto governativo (quello originario) ha almeno tentato di modificarne i limiti più evidenti. Ha perso per strada molti elementi innovativi, ma il risultato finale è comunque apprezzabile: più autonomia per le scuole, valutazione premiale per presidi e insegnanti, più responsabilità per i dirigenti, possibilità di opzioni nel curricolo,formazione in servizio obbligatoria, alternanza scuola-lavoro, etc.
Tutto ora dipenderà dalla iniziativa dei presidi e insegnanti più motivati per un servizio orientato agli interessi degli studenti e dalla loro volontà di battersi contro le resistenze che saranno ancora messe in campo. Al governo va riconosciuto di aver resistito alle poderose spinte alla conservazione e, pur tra alcune ambiguità, di aver aperto la strada per una scuola più europea.

*Presidente dell’Associazione TreeLLLe

 

Courtesy 
il sole24 ore

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