La leadership nel mondo industriale

Gen. Franco Angioni* – lectio magistralis

Socio Onorario CeSAF Maestri del lavoro d’ItaliaLa leadership tra tutti i anglicismi, a mio avviso troppo diffusi nel nostro Paese, è il termine più accettabile. E’una parola di  difficile traduzione, ma molto espressiva.  La possiamo tradurre in “capacità di guida”. Infatti il termine leader indica “colui che guida” e deriva certamente dal mondo militare.

Non è una coincidenza il mondo aziendale, oggetto del nostro interesse, trae origine da quello militare.

Nella prima metà del ‘700 con la rivoluzione industriale nacque il processo di evoluzione economica che da un sistema prevalentemente agricolo artigianale – commerciale divenne sistema produttivo moderno. Un cambiamento caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia idraulica meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate come ad esempio i combustibili fossili. Il tutto favorito da innovazioni tecnologiche e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde trasformazioni socio culturali, oltre che politiche.

Con la prima rivoluzione siamo nella metà del settecento. Lo sviluppo era concentrato soprattutto nel settore tessile e metallurgico. Nel nord Europa nacque l’”azienda”.  Furono introdotti i telai meccanici in sostituzione di quelli manuali affidati a personale esperto.

E’ opportuno ricordare che non fu un processo semplice e pacifico. Con la “meccanizzazione” anche se primitiva si riduceva la manodopera, con conseguente disoccupazione; si verificarono le prime rivolte. Siamo nel Nord Europa, nella zona franco belga, dove la produzione tessile era molto estesa.

Con l’avvento dei telai meccanici e la conseguente disoccupazione, gli operai insorsero e per danneggiare quelle macchine utilizzarono i propri zoccoli chiamati sabot che venivano inseriti negli ingranaggi dei telai che cessavano di funzionare. Da sabot nasce il termine sabotare.

Le aziende comunque si diffusero e si ingrandirono. Nacquero le prime entità industriali organizzate come modello di riferimento sul sistema militare.

Un comandante (equivalente del direttore di azienda),  gli ufficiali collaboratori di primo livello, i sottoufficiali collaboratori di secondo livello i  capi di gruppi operai e la truppa gli operai.

Nel mondo militare il Comandante, all’epoca per motivi organizzativi e di controllo, tenuto anche conto della strumentazione dell’epoca, si riteneva che non fosse in grado di controllare più di sei collaboratori diretti, pena il rischio di incomprensioni o ritardi, che avrebbero potuto causare perdite di vite umane.

Con il passare degli anni e l’esperienza, l’azienda si distaccò in parte dal modello militare, ritenuto a ragione troppo rigido per le esigenze aziendali,  quindi nelle attività produttive si introdusse gradualmente l’autonomia dei dirigenti di secondo livello e di conseguenza il rendimento globale.

I militari non cambiarono perché il rischio avrebbe comportato un aumento di perdite di vite umane.

Sostanzialmente però il comandante è il direttore dell’azienda hanno mantenuto molto simili le rispettive responsabilità ed esigenze di condotta; erano e sono i capi i leader ed entrambi devono possedere Leadership, cioè la capacità di guidare il personale per il raggiungimento dello scopo.

Non ci addentreremo nella discussione, molto diffusa, se leader si nasce o lo si diventa. Personalmente ritengo che debbano sussistere entrambe le condizioni. A noi interessa conoscere quali caratteristiche deve avere il leader e per fare questo sono costretto ad attingere alle mie esperienze, a guardare il mio percorso formativo e a pormi delle domande.

Le risposte potranno essere i nostri ammaestramenti .

Consentitemi di rivolgermi a voi come potenziali leader un augurio che molti di voi lo possano diventare, nei settori più disparati della vita

 

 

Confronto tra mondo militare e non.

Settore scolastico, medico, religioso- Differenze

 

Nel fare un confronto tra i vari mondi in cui si è chiamati ad operare risultano i principi comportamentali comuni che sono alla base della funzionalità dell’organismo.

Sono le esigenze a fattor comune quelle che interessano:

 

Disciplina: significa rispetto delle regole. Se non sono idonee si cambiano. Ovviamente regole per le esigenze di quel Ente, ma di norma la disciplina e multiuso, è necessaria sia in una catena di montaggio, sia in un ospedale.

 

Lealtà: E’ sempre necessaria. Per i militari è essenziale, tanto che appena si entra nell’organizzazione si giura. La lealtà comporta sincerità, si giura!  La lealtà comporta sincerità, anche verso un superiore con il quale non si è d’accordo, ma dopo l’eventuale discussione o chiarimento si deve obbedire o si lascia l’organizzazione.

 

Ordine: E’ indispensabile, specie quando si è numerosi; se non c’è ordine, subentra la confusione.

 

Preparazione: E’ indispensabile studiare apprendere essere aggiornati specialmente con il rapido evolvere della tecnica.

 

Spirito di sacrificio: Talvolta è necessario accettare delle rinunzie, comunque impegnarsi per acquisire nuove esperienze, tenendo presente che non si possono chiedere sacrifici agli altri, se il capo, per primo non si è sacrificato.

 

Cameratismo Non è un aspetto esclusivamente militare. Esiste sempre anche con nomi diversi, quando si deve fare squadra.  Significa rispetto dell’altro, generosità verso i colleghi e collaboratori (i militari sanno che in qualche circostanza la propria sicurezza e nella mani di quella o di un commilitone)

 

Coraggio Non avventatezza. Il coraggio rispetta e controlla la paura che, specie se si ha la responsabilità di altri, può essere non buona consigliera.

 

Serenità: serenità interiore, che consente di non essere avventati; alla serenità contribuiscono anche i rapporti personali e la famiglia.

 

Passione Essenziale! Averla e anche dimostrarla tendo presente che senza la passione non si va da nessuna parte.

 

 

Autorità e autorevolezza,  necessaria per chi è al vertice

Autorità ed autorevolezza sono la stessa cosa ? NO!

 

Autorità è uno status concreto e viene conferita dallo Stato o da un Ente superiore qualificato. (Sono autorità il vigile, l’insegnante, il generale, il sindaco, il Presidente della Repubblica), oppure la conferisce un ente, Il Vaticano, le nazioni Unite o altro.

Questi personaggi, pertanto hanno ricevuto l’autorità

 

L’autorevolezza, invece è una dote morale è personale, appartiene all’individuo, non viene conferita si acquisisce solo per i propri meriti, il proprio sacrificio, non si eredita né si ottiene per rango o denaro.

Si può avere autorità senza possedere autorevolezza

Compito dell’Autorità è di far rispettare le regole.

E’ una norma che vale ovunque nel mondo militare, aziendale, finanziario, politico scolastico etc.

Le regole devono essere rispettate da tutti, soprattutto dalle autorità e anche da chi dispone dell’autorevolezza. Guai all’autorità che non rispetta le regole e purtroppo capita.

 

E’ necessario che regna sovrano il “devi” soprattutto per la convivenza, cioè quella situazione che deriva dal con-vivere, cioè vivere e soprattutto vivere insieme.

Le regole sono necessarie e se sbagliate o se risultano supertate è indispensabile cambiarle.

E’ meglio non avere regole che averle ed accettare che non vengono rispettate, perché viene compromessa la convivenza generale.

Esiste, inoltre, una convivenza particolare, più stress chiamiamola di comunità. Le regole devono essere ridotte di numero, ma più stringenti, per motivi tipici di ciascuna comunità (religiosa, finanziaria, anche aziendale militare etc.)

Ecco cos’è il devi, che non è più un capriccio, una necessità ed è importante che sia accettato.

E’ indispensabile che il devi sia convinto e condiviso, su poche, ma essenziali questioni. La disciplina, la gerarchia, l’onestà intellettuale e materiale, la generosità e la preparazione.

Per concludere queste caratteristiche, è importante che il leader abbia autorità, ma è indispensabile che abbia autorevolezza.

 

Poter essere leader

Cosa dobbiamo e vogliamo fare nella nostra realtà

Essere a passo con i tempi e il progresso è importante, essenziale.  Rappresenta il motivo per cui ci siamo preparati, impegnati, per cui stiamo insieme, operiamo nella nostra società. Sempre più allargata sia essa il mondo militare o aziendale o altro. Nonostante l’innegabile progresso e indubbiamente le migliori condizioni di vita rispetto al passato, ritengo che i principi fondamentali siano pressoché immutati negli anni, quei principi che devono ispirare l’azione guida di comando in una qualsiasi comunità (azienda ufficio, istituto unità militare ecc.) In altri termini avere idee chiare sul modo di agire.

I pilastri fondamentali per operare, produrre, sviluppare agire correttamente sono immutabili nel tempo. Esaminiamoli:

La prima condizione è disporre dello scopo per cui si agisce ed averlo chiaro. Scopo che, purtroppo spesso o non esiste o non è chiaro.

Lo scopo deve consentire di rispondere: perché operiamo.

Lo scopo è il fine, la ragione per cui si opera, per cui si agisce per cui si investe e ci si sacrifica. Deve essere unico, chiaro, e che non consenta “deviazioni”. Dallo scopo deve discendere il compito che deve essere strettamente connesso allo scopo e che deve poter indicare ciò che dobbiamo fare materialmente per realizzare lo scopo e solo per quell’intento.

Dal compito devono discendere le modalità di azione idonee a realizzare il compito al quale le modalità devono essere strettamente connesse. La modalità rappresentano una fase cruciale perché indicano il come agire, come operare per realizzare il compito e soddisfare lo scopo.

 

Rammentare che chi deve apprendere può avere difficoltà a onorare questa dinamica e chi comanda, chi è responsabile dell’operato lo deve tenere sempre presente perché si può verificare che nella realizzazione del come agire si possono applicare modalità contrastanti lo scopo.

Attenzione: il leader in caso di contrasto o difficoltà di interpretazione (vedi caso rastrellamento) deve individuare il più rapidamente possibile, se nonostante la buona volontà esiste la difficoltà oggettiva per operare e se invece una opposizione pregiudiziale all’esecuzione con la pregiudiziale non si può convivere.

Manifestare comprensione per le difficoltà e non esprimere o manifestare mai arroganza, talvolta presente in chi ha la facoltà di impartire ordini o disposizioni.

Mai comunque mortificare chi per qualsiasi motivo è in difficoltà.

Essere d’esempio e ricordare che la sincera serenità e semplicità sono indispensabili per essere accettati.

Infine manifestare la passione e credere onestamente in ciò che si fa.

 

I tre punti di forza del leader esistono ? Si

 

La giustizia non è facile essere giusti; sforzarsi per esserlo. L’imparzialità significa favorire la simpatia non meravigliarsi perché la simpatia può indurre in errore e invece approfondire la conoscenza proprio di coloro che ispirano meno simpatia

In questo processo di giudizio e valutazione e necessario avere pazienza e tolleranza perché il leader deve essere sicuro di non avere agito con  superficialità  nei propri giudizi.

 

Il leader sotto stress esiste ? Si

Intanto è difficile che lo riconosca

 

E’ umano che il leader  possa commettere degli errori specie sotto stress.

Gli errori individuiamoli, i più ricorrenti sono:

Esercitare un’azione di direzione di comando affrettata superficiale, sbrigativa, tanto da non dover percepire la reale condizione fisico psichiatrica dei propri collaboratori e dipendenti, ritenendo, senza alcuna perplessità di essere stato chiaro e convincente;

altro errore sotto stress invece di chiedersi e chiedere anche ad altri se si è stato convincente, ridurre l’azione di controllo e di perfezionamento indispensabile, nella convinzione che avendo impartito gli ordini, i problemi sono risolti ! Non è così. A tal proposito è opportuno ricordare che la realtà è quasi sempre diversa da ciò che si è ipotizzato e pianificato. (Studi qualificati hanno accertato che solo il 40-70% si verifica rispetto a ciò che si è programmato)

Nel caso invece che il leader si renda conto ed è consapevole d’essere sotto stress, è indispensabile avere l’umiltà di accettare che sta attraversando umanamente un periodo di crisi.

In questo caso cercare di individuare i motivi che possono aver generato la crisi, valutarne l’importanza e accettare i possibili rimedi, eventualmente con l’ausilio, se disponibili, di tecnici qualificati (di norma appartenenti al settore medico e attualmente nelle F.A. anche specialisti del settore)

In casi estremi, ricordare che il proprio orgoglio nel non voler riconoscere lo stress vale meno dell’incolumità e sicurezza dei collaboratori e dipendenti.

Raccomandare infine che il leader deve sempre tener presente la possibilità di stress dei collaboratori e dipendenti in questo caso è suo dovere sostenerli.

 

La paura esiste ? SI

 

Nelle attività in cui il pericolo esiste, è necessario imparare a convivere con la paura!

Tenere presente che, nelle attività militari o similari e, comunque, anche se in maniera differenziata, in molte altre attività, il pericolo non può essere eliminato. Certamente deve essere attuato tutto ciò che umanamente possibile perché il pericolo tenda a zero, nella convinzione però che almeno nell’abito militare non può essere annullato del tutto (maneggio di esplosivi, impiego aerei, elicotteri, paracadute, operare in condizioni ambientali favorevoli e non, ambiente montano, specie quando si devono fronteggiare contrasti e condizioni avverse, è necessario pertanto convivere con la paura e gestirla.

La gestione della paura deve essere differente a seconda della situazione.

Quando si deve rendere conto solamente a sé stessi degli avvenimenti si può anche sfidarla purché si sia onesti sulla propria possibilità.

Invece quando si comanda, si dirige o comunque si è responsabili dell’incolumità o delle esigenze altrui, la paura deve essere valutata attentamente e deve diventare un’ottima consigliera, perché può invitare a rinunciare a parte del proprio orgoglio o ambizione per i quali si possono commettere errori.

Non si può e non si deve giocare con il rischio altrui.

Tenere anche presente che gli “altri” in genere più giovani e meno esperti stanno provando di norma ciò che il leader ha già superato grazie all’esperienza.

Il toccasana è l’esempio commentando due principi:

  • Che la spacconeria e controproducente:
  • chi sta combattendo la paura non può e non deve essere umiliata.

 

Il valore della Bandiera

 

E’ l’orgoglio di partecipare a un’azione a una impresa a un progetto,anche limitato nel tempo.

E’ diverso dallo spirito di corpo che è quel sentimento senz’altro valido che deriva dall’appartenenza  per motivi familiari, professionali e territoriali a una entità già esistente (essere della Marina, dei carabinieri, dei paracadutisti, del Napoli, essere avvocato ecc.)

Il valore della bandiera, invece, è vincolato a una operazione a un’attività anche limitata nel tempo a favore di una causa da una parte di un gruppo di persone, o di singoli in una importante attività (intervento in conseguenza di calamità naturali o di disastri provocati dall’uomo o improvvise epidemie in zone difficili del pianete, o a sostegno di moltitudini che fuggono dall’oppressione della guerra etc.)

Il valore della bandiera è anche lo “slancio” necessario per affrontare un nuovo modo di vivere o per dare corpo e sostanza a un sentimento, a una idea.

La fede, l’ideale l’intima convinzione, devono essere presenti in chi opera nell’ambito di attività non esclusivamente venali, e invece con prevalente valenza morale.

Se questi sono sentimenti leciti, risulta conseguente la fierezza di appartenenza a quella impresa. Il valore nasce in modo convinto (cioè non sollecitato da fanatismo, arroganza e intolleranza) Nasce dall’orgoglio di fare parte di un gruppo, associazione, movimento o anche attività militare impegnata in uno specifico compito.

E’ questo il sentimento che definisco “valore della bandiera”

 

Questo sentire si rivelò anche trent’anni fa in Libano fra i 7500 militari (il 90% dei quali di leva) e le 150 infermiere volontarie che si avvicendarono nel contingente .

A maggior ragione questo valore deve intimamente esistere in chi sceglie volontariamente e con passione di dedicarsi a una impresa. Ed è ciò che molti, o alcuni di voi dovranno affrontare tra breve,

Dovete disporre di un valore interiore che deve sostenere la volontà e la determinazione per L’assolvimento del compito che vi siete assegnato

E’ indispensabile nella vita “avere una bandiera” che soddisfi la vostra coscienza, in maniera onesta lecita.

Faccio ancora riferimento solo a titolo di esempio, all’operazione Libano.

Ovviamente nel 1982 il militare di leva non si sentiva e non poteva esserlo “molto militare”. Per migliorare la situazione e per far nascere almeno in parte, il “valore della bandiera” fu necessario in una situazione difficile come quella libanese, mettere in atto molte iniziative.

Fu Incrementata la preparazione militare, soprattutto nell’impiego operativo delle armi, nell’addestramento di gruppo, nell’attività di controllo del territorio, al fine di sviluppare la fiducia in se stessi, di sentirsi all’altezza della situazione

Fu curata particolarmente la conoscenza della storia del Libano e della popolazione con particolare riferimento alle religioni e all’ordinamento politico di quel difficle Paese (argomento non semplice)

Furono illustrati gli usi,  le tradizioni,  e le religioni della 18 comunità componenti la popolazione /3 milioni di persone circa)

Furono illustrati gli avvenimenti più recenti con particolare attenzione ai disagi subiti dalla popolazione in seguito a nove anni di guerra;

fu chiarito perché esistevano i campi palestinesi e i disagi di quella popolazione (3 campi circa 75000 che vivevano i condizioni disumane e che erano persone sotto il nostro controllo)

Furono descritti i vari ordigni impiegati durante i 9 anni del precedente conflitto interno e con Israele. (molti ordigni erano inesplosi) e le relative misure di sicurezza  il tutto al fine  di aumentare la fiducia nei nostri confronti.

Furono descritte le forze contrarie alla nostra presenza e il motivo del loro antagonismo.

Fu posta particolare enfasi al mandato affinché i soldati si convincessero di non essere una truppa di occupazione, ma di essere presenti per fornire concorso al governo Libanese e soprattutto per proteggere la popolazione tutta, senza distinzione di comunità o religione:

Fu precisato che eravamo dalla parte della legge e presenti secondo il “diritto internazionale” e con l’approvazione del governo legittimo libanese, comunque pronti a non subire alcuna offesa.

Fu così che si cercò di far nascere il “valore della bandiera” e sono convinto che ciò che è rimasto nell’animo di quasi 7500 militari e della 150 infermiere volontarie ai quali rivolgo il mio grato pensiero.

Ho terminato. Credo e spero di aver dato risposta alle domande con le quali mi sono imposto di percorrere buona parte della mia carriera per illustrare cosa è secondo me, la leadership necessaria nel mondo industriale

Vi ringrazio della vostra attenzione.

 

*Franco Angioni – nato a  Civitavecchia, 25 agosto 1933 generale  c.d.a. e politico italiano.

 Ex-Allievo della Scuola Militare Nunziatella, ha frequentato l’accademia militare ed è stato ufficiale dell’Esercito italiano, arrivando al grado di generale di Corpo d’Armata. Ufficiale dei paracadutisti, ha comandato il Battaglione Sabotatori Paracadutisti (denominato in seguito Battaglione d’assalto paracadutisti “Col Moschin”). Tra il settembre del 1982 ed il febbraio del 1984, nell’ambito della Prima Guerra Libanese e successivamente al massacro di Sabra e Shatila a Beirut, ha guidato il contingente italiano della Forza Multinazionale in Libano durante la missione Libano 2. Quest’ultima era in principio nata come iniziativa ONU, ma il veto dell’URSS annullò l’egida internazionale mentre il contingente era in navigazione verso il Libano, per cui ITALCON si trasformò in corso d’opera in uno sforzo eminentemente nazionale, con Francia e USA. Come diretta conseguenza, i mezzi VCC-1 Camillino impegnati sul terreno furono comunque colorati di bianco (identificazione di mezzo ONU), ma portarono dipinta la bandiera italiana.

L’intervento in Libano, durante il quale sia il contingente americano sia quello francese subirono gravissime perdite in seguito a due attentati, fu grazie ad Angioni un modello cui si riferirono anche le successive missioni italiane all’estero. L’approccio del generale, infatti, fu quello di spingere i propri soldati a conoscere la cultura locale, sulla quale distribuì a tutti dei libri. Questo permise agli italiani di comprendere le ragioni delle parti e proporsi come forza di interposizione, piuttosto che come l’ennesimo contingente straniero in terra libanese. I rapporti con la popolazione locale e le diverse parti in lotta vennero inoltre enormemente facilitati dalla costruzione di un ospedale da campo nei pressi dell’aeroporto di Beirut, dove tutti i feriti di qualunque fazione venivano curati.

 

 

 

Nel corso della sua carriera militare, Angioni ha ricoperto incarichi di prestigio, quale il comando del 3º Corpo d’Armata di Milano; la presidenza del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) dal 7 settembre 1992 all’11 gennaio 1994; l’incarico di comandante delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa di Verona (FTASE) dal 14 gennaio all’8 giugno 1994; per diventare successivamente Segretario generale e direttore nazionale degli armamenti presso il Ministero della difesa. È stato inoltre Presidente del Consiglio dell’Ordine Militare d’Italia

 

Terminata la carriera nell’Esercito il 9 settembre 1996, si è dedicato alla vita pubblica.  È stato eletto alla Camera dei deputati nel 2001, rimanendo Deputato fino al 27 aprile 2006.

 

Ha occupato l’incarico di segretario della Commissione Difesa dal 21 giugno 2001 al 27 aprile 2006 ed è stato membro della delegazione parlamentare presso l’assemblea Nato dal 19 settembre 2001.

 

Onorificenze

Grande ufficiale dell’Ordine militare d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell’Ordine militare d’Italia

 

Croce d’argento al merito dell’Esercito – nastrino per uniforme ordinaria Croce d’argento al merito dell’Esercito

 

Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana

 

Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine militare d’Italia

 

Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana

«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»

maestridellavoro
ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.

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