La riforma della scuola e l’arte del vivere

 

Anni di attività nel Centro Studi ed Alta Formazione maestri del lavoro  rivolti ai giovani delle scuole superiori, ci hanno permesso di conoscerli meglio, alla luce dei  loro complessi problemi esistenziali analizzati senza preconcetti.
La vita degli adolescenti spesso è condizionata dalle famiglie, molte delle quali conflittuali, ma che non sempre determinanti per lo sviluppo psicologico ed ideologico della personalità.
La realtà è che i giovani, anche se non lo sanno, stanno male. Di questo se ne rendono conto i genitori, i nostri iscritti che operano quotidianamente nelle aule scolastiche e la scuola stessa che ha difficoltà a seguirli. Nasce di conseguenza la consapevolezza che i rimedi non sono all’altezza del disagio giovanile.

“I rimedi li sanno trovare solo gli operatori di mercato che conoscono i giovani meglio di quanto li conoscono i loro genitori, ed i loro professori.” Scrive il filosofo Umberto Galimberti.

Stanno male non per ragioni esistenziali. Certo ognuno ha dei drammi sulla propria esistenza soprattutto in quella età che conduce dall’infanzia all’età adulta che si chiama adolescenza e giovinezza, ma non è questa la qualità del disagio giovanile oggi, il quale non è psicologico, ma è culturale.
Cosa fare ? E’ la domanda che ci siamo posti. Quale strategia applicare per superare la fase di assenza di un pensiero costruttivo che possa far ritornare un entusiasmo intellettuale e creativo e con questo la rinascita del paese finito in un oscurantismo che non è solo giovanile ?
Rendere consapevoli i giovani delle loro virtù potrebbe essere il percorso per farli appassionare di se, innamorare di se ed imparare quello che per i greci era la grande meta dell’esistenza umana ovvero: l’arte del vivere.
Un’arte del vivere che non è tanto una ricerca di senso della vita, ma un investimento su di se.
Invece è successo che è entrato in casa quello che Friedrich Nietzsche chiama l’ospite più inquietante: Il nichilismo. I valori non hanno più valore. Non ci sono più riferimenti. Quello che lo stesso Nietzsche temeva a inizio del 900 si è avverato:  non c’è più un alto e un basso, una destra ed una sinistra ed ogni cosa si avvolge su se stessa in un assenza assoluta di orizzonti e di prospettive.
Una malattia che ha colpito l’Europa il continente più ricco di antica ricchezza, tecnologicamente il più avanzato, più popoloso degli Usa, della Russia, del Brasile, ma privo di forza politica e paradossalmente deciso a non volerla acquisire, incapace di risolvere i problemi, incapace di darsi una “governance” federale, in grado di affrontare i problemi che la società globale ci porrà in misura sempre più crescente.

Non a caso Eugenio Scalfari nel suo editoriale di domenica 28 Giugno 2015 si pone il dubbio dello “Essere o non essere? Amleto scelse di non essere e fece la fine che Shakespeare ci racconta, noi europei stiamo facendo altrettanto e se non vi poniamo al più presto riparo faremo la stessa fine. E se ci domandiamo il perché di questo volontario nichilismo, la risposta è molto semplice: i nostri Stati confederati non vogliono federarsi perché le loro classi dirigenti politiche non sono disposte a cedere la loro sovranità.”

Il Nichilismo, questo ospite inquietante che Martin Heidegger sostiene non bisogna guardare da un’altra parte è entrato nella psicologia dei giovani nella configurazione tipica del nostro tempo  che è quella di un’assenza di futuro.

Per gli insigniti del CeSAF che si fregiano della stella al merito del lavoro e non solo,  il futuro era una promessa, la stessa cosa non si può dire per i giovani di oggi.  Per quest’ultimi il futuro non è più una promessa, ma una sorta di minaccia, un mondo delle tenebre.
“Si raccolgono nel presente assoluto, e cercano di vivere al limite dell’esuberanza dell’espansività che sono i tratti della giovinezza, ma esclusivamente nel presente. Il sociologo tedesco Falko Blask  ha detto che se la vita è uno stupido scherzo dovremmo almeno riderci sopra. E’ questo è il clima dei giovani d’oggi.”
E’  un grosso errore accomunare  i giovani pensando che tutti sono in queste condizioni, ma il tasso depressivo che li caratterizza ed a cui pongono rimedio, con l’inondarsi di birra ed alcolici, con il frastuono della musica,  sembra il modus vivendi della maggioranza.
La “Buona scuola”, voluta dall’ennesima riforma del governo di turno, tiene conto di queste necessità e dell’entropia esistenziale che non trova un algoritmo che possa indirizzare al futuro i giovani ?  O vuole essere la solita retorica che non aggiunge ne toglie in fede al motto di Tommaso di Lampedusa  dove tutto cambia per non cambiare nulla ?
Bisogna porre rimedio all’impotenza della scuola che non riesce più a percepire dai propri  studenti una sorte di impegno. C’è nei giovani un analfabetismo emotivo. Conoscono le passioni, conoscono le pulsioni, li esercitano, ma non conoscono i sentimenti, le responsabilità, l’essere costruttori di una società in continuo divenire.
Regna sovrana una afasia emotiva per cui non si sa cosa propriamente dire, c’è una carenza di linguaggio emotivo.
Per i più fragili rimangono i percorsi della droga. I percorsi della droga sono percorsi di disperazione. “E’ come se i giovani ormai privi di qualsiasi rito di iniziazione volessero ormai sperimentare o comunque accostarsi a quel rito più orribile di tutti che è l’esperienza del morire.
La droga da sollievo,  ma toglie dal mondo ed allora bisogna riuscire a capire che nesso c’è tra la droga che ci toglie dal mondo, dal mondo reale, dal mondo sociale e questo non essere al mondo dei giovani perché il mondo non gli appartiene. Per cui al giorno preferiscono la notte, alla lucidità della mente preferiscono l’obrobriamento  del pensiero che li anestetizza nei confronti della vita che a loro pare sotto molti aspetti insopportabile.”

La conclusione la strada da intraprendere rimane quella che è nella natura delle cose. “Come i fiori: che bello vederli fiorire piuttosto che appassire. Ecco se ciascun giovane ci pensasse con la voglia di fiorire con la stagione che gli è data, perché dobbiamo sapere che la nostra vita è limitata e quindi dobbiamo sapere che dobbiamo vivere secondo misura, allora la loro espansività potrebbe trovare espressione. E questa espressione va cercata nel linguaggio giovanile, nè nelle canzoni che ascoltano, nè nei film che vedono, nè nei siti di internet che visitano dove trovano una infinità di messaggi non certo di speranza ma di ricerca di se. Se i giovani sapessero appassionarsi alla proprie capacità, trovando il gusto di vederle fiorire, forse l’ospite inquietante, il nichilismo non sarebbe passato invano.”

manero

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ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.

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