Il primo giorno di lavoro – correva l’anno

 

 di Luigi Vergani

1295086589Paolo arrivò alla scuola col fiatone ed il batticuore oltre misura. Finalmente erano stati esposti i tabelloni: anche quell‘anno era promosso senza esami di riparazione. Prima di tornare a casa, corse alla sede della banca per comunicare di essersi diplomato: era pronto per l‘assunzione.

Fu ricevuto da un funzionario dell‘Ufficio Personale cui pensava di portare una notizia ancora sconosciuta. Invece, si accorse che lo avevano saputo ancor prima dell‘esposizione dei tabelloni. Comprese quanto fosse stretto il legame fra la banca e le scuole cui, per l‘avviamento della selezione, erano stati richiesti i nominativi degli studenti migliori. Erano i primi di agosto e concordò di iniziare il 1° settembre. Quando arrivò il fatidico giorno, si presentò nella grande sede tirato a lucido. Stava diventando un bancario a tutti gli effetti. Nello stesso giorno, venivano assunti ben 28 giovani ragionieri, ora ammassati in un grande salone. Circa la metà era giunta a Milano solo qualche giorno prima, direttamente dal meridione: erano ragazzi chiassosamente allegri e aperti che, pur giocando fuori casa, dimostravano di essere molto più disinvolti dei milanesi. Un funzionario illustrò quali fossero i comportamenti e le attese della banca, poi vennero comunicati gli uffici di destinazione, contraddistinti da sigle o da denominazioni strane: CEL (Contabilità Estero Lire), CD (Contabilità Divise), PI/DI (Portafoglio Italia Dopo Incasso), PI/SBF (Portafoglio Italia Salvo Buon Fine) ed altri. A Paolo toccò l‗Ufficio Contabilità Divise che si trovava in zona Fiera. Quando vi giunse, un commesso lo accompagnò dal responsabile dell‘ufficio. Era in un grande stanzone e Paolo si sentiva addosso gli occhi di tutti i ―colleghi‖ dell‘ufficio, non meno di 25, che, salvo rare eccezioni, avevano più anni

di suo padre. Però tutti lavoravano in assoluto silenzio e bastò qualche ora per accorgersi che, come a scuola e nonostante l‘età, bisbigliavano per non farsi accorgere dal funzionario, pronto ad intervenire non appena il silenzio diventava piccolo brusio. Dopo poche parole di rito, Paolo fu affidato ad un ―signore‖ di circa 30 anni che, dandogli del lei, ovviamente ricambiato, gli illustrò il lavoro che gli veniva affidato. Si trattava di spuntare estratti conto di banche straniere: a lui toccavano le banche francesi. Non era un lavoro di grande concetto, la partita doppia studiata per tanti anni era appena latente, oltretutto ogni documento aveva un colore: blu per il dare e rosso per l‘avere. La matita era il suo strumento di lavoro ed il baffo di spunta l‘esito del suo impegno.

Raramente c‘erano casi da approfondire per cui, a volte aveva qualche scoramento, ma si riprendeva subito, pensando che quello non era ―un lavoro‖, quello era ―il suo lavoro‖. Passò un mese e fu trasferito all‘ufficio Portafoglio Italia Dopo Incasso perché, per il superamento del periodo di prova, era buona regola della banca avere il parere positivo di due responsabili di ufficio. Il nuovo lavoro consisteva nell‘accreditare ai correntisti l‘avvenuto incasso di loro effetti attivi. I colleghi erano almeno quaranta: una metà giovanissimi e l‘altra metà formata da ultracinquantenni. Fu affidato ad un altro ―signore‖, cui dava e avrebbe sempre dato del lei, che gli illustrò il lavoro, leggermente più complesso del precedente. Un giorno gli capitò di fare un piccolo errore e Paolo si mortificò non poco, ma quel ―signore‖ sentenziò: ―Chi lavora sbaglia, chi non sbaglia è perché non lavora!‖. Una frase che avrebbe portato con sé per sempre. Il primo stipendio lo visse come il primo rimborso mensile alla famiglia per tutto ciò che aveva fino ad allora ricevuto e fu sorpreso quando, nel secondo stipendio, trovò un piccolo, ma benaugurante aumento di poche lire. In quel mese aveva compiuto 19 anni e la decurtazione, rispetto allo stipendio base dei maggiorenni, allora ventunenni, si abbassava dal 20 al 15%.

 Paolo era ancora in prova quando un signore dell‘ufficio veniva promosso vice capoufficio. Per comprendere l‘eccezionalità dell‘avvenimento basta considerare che lì vi erano solo due capi: un funzionario ed un vice capufficio. Molti anziani guardavano il collega con un po‘ di invidia e con un po‘ di malcelata malignità: raccomandazione, fortuna, simpatia? Paolo si fece due domande. La prima: ―Perché nessuno parla di merito, vista la stima che gli dimostrano quando gli parlano?‖ e l‘altra: ―Chissà se prima di andare in pensione diventerò anch‘io vice capufficio?‖. Per la prima non sapeva che dire e alla seconda si rispose: ―Io ce la metterò tutta!‖.

dal notiziario di febbraio 2017 del Consolato di Milano 

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