Primo Maggio a Roma. Il Gen Angioni guida la delegazione del CeSAF

Delegazione Cesaf Guidata dal Gen. Franco Angioni Delegazione Cesaf Guidata dal Gen. Franco Angioni
Delegazione Cesaf alla festa del lavoro al Quirinale Delegazione Cesaf alla festa del lavoro al Quirinale

S i è svolta al Palazzo del Quirinale la cerimonia per la Festa del Lavoro  2016 alla presenza dei nuovi Maestri del Lavoro del Lazio.
Nel Salone dei Corazzieri, la cerimonia è stata aperta dagli interventi del Presidente dell’Associazione Nazionale Seniores d’Azienda, Antonio Zappi, dal vice Presidente della Federazione dei Maestri del Lavoro d’Italia Renzo Pravisano, e del Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Antonio D’Amato.
Ha quindi preso la parola il Sottosegretario di Stato al Lavoro e alle Politiche Sociali, Luigi Bobba.
Al termine il Presidente della Repubblica, dopo aver consegnato le Stelle al Merito del Lavoro “alla memoria” di Francesco Zaccaria – operaio della Società ILVA di Taranto, morto sul lavoro nel 2012 – e di Pierlucio Tinazzi – dipendente della Società SITMB SpA, deceduto nel 1999 all’interno della galleria del traforo del Monte Bianco – ha pronunciato un discorso.
Erano presenti il Presidente Emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, la Vice Presidente del Senato della Repubblica, Valeria Fedeli, il Questore della Camera dei Deputati, Gregorio Fontana, autorità civili, esponenti del mondo del lavoro, rappresentanti delle associazioni imprenditoriali e di realtà territoriali e sociali.

La Delegazione del Centro Studi ed Alta Formazione Maestri del lavoro d’Italia guidata dal generale di corpo d’armata Franco Angioni e dal presidente Mauro Nemesio Rossi, dal segretario Giovanni Izzo dal Capo del personale della STmicroletronics Lucio Indrizzi, dall’ing Vincenzo Iorio, dall’ing, Vincenzo Ciccarelli e dal dott. Pasquale Carfora.

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle celebrazioni della Festa del Lavoro

 

Palazzo del Quirinale, 01/05/2016

Delegazione Cesaf alla festa del lavoro al Quirinale

Delegazione Cesaf alla festa del lavoro al Quirinale

Un saluto e un ringraziamento per essere qui stamane al presidente Giorgio Napolitano, al presidente della Corte costituzionale, ai rappresentanti di Senato e Camera, al sottosegretario al Lavoro.
Saluto e ringrazio il presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro, il vice presidente della Federazione dei Maestri del Lavoro d’Italia, il presidente dell’Associazione nazionale Seniores d’Azienda, per le considerazioni che hanno svolto poc’anzi.
Mi congratulo con i nuovi Maestri del Lavoro a cui sono state appena consegnate le Stelle al Merito, simbolo di un tenace e proficuo impegno che ha prodotto valore sociale.
Do il benvenuto al Quirinale a tutti i presenti e rivolgo l’augurio più caloroso a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori del nostro Paese, a coloro che intraprendono, ai professionisti, a chi studia per migliorare i prodotti, le tecnologie, i servizi, a quanti vivono il dramma della ricerca di un posto di lavoro perché non si rassegnino.
Il Primo maggio è una grande festa di democrazia. Sul lavoro e’ fondata la nostra Repubblica e il lavoro è elemento decisivo della realizzazione di ciascuna persona, dunque della coesione sociale, della convivenza civile.
I tempi nuovi ci spingono a intendere il lavoro nel senso più ampio della partecipazione allo sviluppo.
L’apertura ai nuovi lavori e ai nuovi mercati è necessaria per tenere il passo del cambiamento e viverlo da protagonisti.
Ciò non attenua la comune responsabilità di creare occasioni di occupazione a sufficienza affinché la cittadinanza sia piena, e non mutilata.
E’, questo, un impegno costituzionale vivo e attuale, che costituisce una spinta incessante nei confronti di istituzioni, imprese, forze sociali e sindacali per fare sempre di più e sempre meglio.
La Festa del Lavoro è davvero tale se assume il diritto al lavoro come bandiera, se pone al centro chi oggi vive le difficoltà della precarietà, della disoccupazione, della povertà che ne è conseguenza e, talvolta, al tempo stesso, causa.
Il lavoro è essenziale per integrarsi pienamente nella società, per vivere a testa alta nella propria comunità. Non è modernità quella che immagina lo sviluppo come inevitabile creazione di fasce di emarginati, di territori di esclusi, di aree di dimenticati.
Guardando al nostro Paese, dobbiamo dire con forza che non è accettabile che ai margini del mondo del lavoro resti ampia parte della generazione più giovane.
Il 2015 è stato un anno di ripresa, seppur contenuta, dopo una lunga e pesante recessione. Nell’anno passato diversi valori macroeconomici hanno registrato un segno positivo e, su queste basi, è salito il numero degli occupati e diminuito il tasso di disoccupazione.
C’è più lavoro anche nel Mezzogiorno e in alcune delle aree più deboli. Non possiamo accontentarci di numeri ancora limitati rispetto alla dimensione dei problemi da risolvere, e tuttavia questi numeri costituiscono una spinta, un’opportunità, una sfida che deve impegnare l’intero Paese, pur nel confronto aperto tra interessi e opinioni differenti.
Il 2016 sarà ancora, secondo le generali previsioni, un anno di crescita moderata. Dobbiamo fare di tutto per rafforzare ulteriormente la dinamica occupazionale, utilizzando ogni strumento, a partire dal clima di maggior fiducia delle imprese.
Abbiamo un cammino lungo e impegnativo davanti a noi, e non ci sono ricette facili, non c’è un provvedimento di per sé risolutivo della complessità dei problemi. Per questo occorre una straordinaria convergenza di forze. Pubbliche e private. Politiche e sociali. Imprenditoriali e sindacali.
C’è bisogno di investimenti in infrastrutture strategiche. C’è bisogno di scuola, di formazione permanente, di ricerca. C’è bisogno di innovazione, di trasparenza. Non basta neppure l’Italia da sola: vi è bisogno, per noi, come per tutti gli altri paesi membri dell’Unione, di un’Europa che ritrovi se stessa e diventi consapevole del proprio ruolo nella società globale.
Occorre aiutare le imprese a creare lavoro. E occorre difendere il lavoro. Affrontare e risolvere le crisi aziendali, impedire che un intero territorio diventi deserto di attività produttive: sono questi impegni politici nazionali di enorme rilievo, non le retrovie della politica che, diversamente, apparirebbe ripiegata su se stessa.
Il lavoro è una prova di concretezza e di credibilità per le istituzioni perché si tratta del tema più importante per la maggioranza dei nostri concittadini.
Il più importante anche per il futuro del Paese.
Al centro della questione lavoro ci sono proprio i giovani, che il lavoro non trovano, che stanno pagando alla crisi un prezzo insostenibile, e che rischiano di subire, con l’esclusione di oggi, anche un’ipoteca negativa sulla loro dignità di domani. La generazione più istruita di tutte quelle precedenti è posta al margine, proprio dalla società e dal mercato che richiedono più conoscenze e più saperi.
Non possiamo assistere inerti allo spreco di larga parte di una generazione. L’Italia non può permetterselo.
Nel nostro Paese l’occupazione dei giovani è più bassa rispetto alla media europea, segno di difetti specifici e strutturali del nostro sistema. Ne sono una conseguenza anche i dati congiunturali, che segnalano benefici occupazionali per i cinquantenni – il che è positivo – ma non per i venticinquenni.
L’Italia non può fare a meno del lavoro e dell’intelligenza della giovane generazione.
Un Paese che escludesse i giovani, o li inserisse nel mondo del lavoro in modo precario e inadeguato, si condannerebbe da solo.
Vanificherebbe risorse, limiterebbe la produttività e la carica innovativa, svilirebbe i talenti, paralizzerebbe il rinnovamento sociale che proprio i giovani possono promuovere.
Un Paese che non riuscisse ad includere i giovani sarebbe un Paese fermo.
Frenare o ritardare l’indipendenza economica dei giovani ha riflessi negativi sui loro percorsi personali, sui progetti di vita, sulla mobilità sociale, sul tessuto delle famiglie, persino sugli indici demografici. In una parola sull’Italia.
Tanti, troppi giovani lasciano il nostro Paese per necessità e non per scelta.
Siamo consapevoli che è una enorme ricchezza la mobilità dei giovani, il loro sentirsi cittadini italiani ed europei, la loro voglia di conoscere e costruire amicizie con coetanei di altri Paesi, utilizzando quello strumento straordinario che è la libera circolazione delle persone.
Ma in questo scambio di umanità e di intelligenze, l’Italia non deve impoverirsi. Dare e ricevere, andare e tornare, aprire le nostre università, le nostre imprese e le nostre istituzioni per attrarre talenti mentre i nostri giovani studiano e lavorano in altri Paesi con successo: questo è il tessuto connettivo dell’Europa che vogliamo.
L’Europa degli squilibri, quella che arricchisce qualcuno e indebolisce altri, è invece esattamente la condizione, aggravata negli ultimi anni, che siamo chiamati a superare.
Se i giovani percepiscono l’Europa come irrilevante per la loro vita, vengono minate le sue stesse basi. Se invece l’Europa diventa utile alle nuove generazioni, allora avrà un futuro migliore, solido.
Voglio ricordare, nel giorno della Festa del Lavoro, le nostre ragazze che, con i loro sorrisi e le loro speranze, sono morte in un incidente sulle strade della Catalogna. Partecipavano al programma Erasmus, che ha rappresentato e rappresenta per decine di migliaia di giovani un’occasione di studio, di conoscenza e di gioia, e oggi rappresenta anche l’opportunità per orientarsi nel mondo del lavoro.
Sono i testimoni di una società che vuol essere protagonista e anticipare i cambiamenti, non subirli.
Dalla loro energia, che continua, può nascere una nuova idea di cittadinanza che riesca a unire l’Europa.
Insieme a loro rivolgo un pensiero, commosso, ad altri due giovani ricercatori, Valeria Solesin e Giulio Regeni.
Le mani assassine che li hanno portati via agli affetti delle loro famiglie e dei loro amici sono diverse.
Li voglio accomunare perché amavano ciò che stavano facendo, e pensavano che la serietà dello studio avrebbe aperto, per loro e per altri, la strada per un lavoro utile alla società.
Puntare sulla scuola, sull’università, sulla ricerca è un modo per investire sui giovani e sul nostro futuro.
Dobbiamo farlo sempre di più, in modo organico e coerente, puntando ad allargare le opportunità per tutti. La crisi, infatti, ha ampliato ulteriormente la forbice della diseguaglianza anche tra i giovani.
Accrescere le opportunità e ridurre le diseguaglianze implica un’attenzione non episodica al lavoro delle donne. In questo ambito, l’Italia è pericolosamente indietro. Bisogna rimontare la china, perché il lavoro femminile è una delle carte migliori che abbiamo per accelerare lo sviluppo. A partire dalle giovani, l’occupazione femminile, nel nostro Paese, deve raggiungere livelli europei.
Non è vero che il lavoro delle donne va a scapito della famiglia. E’ vero il contrario, senza il lavoro delle donne non si formano famiglie di giovani. Bisogna unire politiche del lavoro, politiche di sostegno familiare, politiche di conciliazione tra cura della famiglia e lavoro.
Molteplici sono i campi d’azione per attivare un nuovo sviluppo, equilibrato, sostenibile, duraturo.
Alcune misure sono state adottate, su altre il confronto è avviato: non è mio compito entrare nel merito degli interventi al sistema previdenziale o del riordino del sistema fiscale.
Mi limito ad osservare che tutto va orientato alla ripresa dell’occupazione.
E’ un tema che ci interpella a livello europeo: che sia sempre più urgente e necessario collocare il tema degli investimenti tra le priorità delle politiche comunitarie.
Le imprese sono motori del mercato, e anch’esse sono chiamate, in prima linea, a investire in innovazione, a valorizzare le competenze e le professionalità qualificate, ad avere coraggio nelle iniziative, nel diventare più grandi e nel costruire reti di servizio e di ricerca.
Sono fondamentali strumenti, anche finanziari, per favorire la crescita delle imprese, e in particolare di start up. Sono imprese agili, dinamiche, fondate spesso da giovani con particolare talento e creatività.
Queste scelte coraggiose vanno sostenute.
L’intervento pubblico deve riuscire ad azionare quelle leve, decisive per lo sviluppo, che resterebbero inutilizzate seguendo logiche di convenienza di breve periodo.
L’azione pubblica deve assicurare sempre trasparenza, contrasto alla corruzione, legalità, efficienza della pubblica amministrazione, che sono vere e proprie condizioni di sistema.
Allo stesso tempo non dobbiamo rinunciare a innalzare i nostri standard, in particolare nella sicurezza sul lavoro.
Sono inaccettabili le morti sul lavoro, quale che sia il loro numero: anche una soltanto è inaccettabile.
Dobbiamo elevare i livelli di lotta allo sfruttamento, incluse le inammissibili forme di caporalato che oggi colpiscono spesso i lavoratori, italiani e immigrati. E il contrasto al lavoro nero.
Sono piaghe da sradicare con impegno da parte di tutti, con strumenti adatti e un attento monitoraggio circa l’uso distorto di norme esistenti.
Rivolgo un saluto cordiale ai lavoratori che sono riuniti a Genova, nella tradizionale manifestazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil.
Un saluto e un augurio a tutte le organizzazioni sindacali.
Un augurio pieno di affetto alle migliaia di giovani che festosamente si troveranno a Roma, in piazza San Giovanni per il tradizionale concertone.
Impegno, creatività, talento, voglia di stare insieme e di migliorare la società: abbiamo bisogno della carica di speranza dei giovani.

La Festa del Lavoro vuole essere appunto questo: una festa del futuro.

Intervento del sottosegretario Bobba

maestridellavoro
ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.

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