Progetto Aggregando

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Incontro del 26 maggio 2015 –

Presentazione intervento e avvio lavori

Gli obiettivi del progetto sono indirizzati al rafforzamento del sistema dei Servizi per il Lavoro sul territorio della Città Metropolitana di Napoli in una logica di interazione ed integrazione tra differenti stakeholders pubblici e privati, che in qualche modo agiscono o influenzano il meccanismo di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

La metodologia che si è inteso adottare ha previsto il coinvolgimento degli attori più rappresentativi sul mercato del lavoro locale, attraverso la costituzione di un tavolo di lavoro aperto e partecipativo, di confronto, condivisione ed elaborazione di possibili proposte sinergiche da mettere a sistema, che saranno verificate e sviluppate nel corso dei successivi incontri.

In particolare si proverà a disegnare in maniera condivisa un percorso sostenibile per concretizzare il dialogo tra gli attori del territorio coinvolti che consenta di mettere a fattor comune il patrimonio conoscitivo di ciascuno. La messa a sistema di questo patrimonio potrà consentire il rafforzamento, in termini di pertinenza e di efficacia, dei Servizi per il Lavoro a vantaggio dei soggetti in cerca di occupazione e dei fabbisogni delle imprese in cerca di specifici profili professionali.

Il tutto dovrebbe tener conto anche degli specifici vantaggi fruibili da ciascun attore coinvolto dalla condivisione delle informazione e dall’investire del tempo nell’interazione con altri soggetti, per sviluppare una visione progettuale comune.

Si tratta, quindi, di offrire, in maniera seria, tempo, capacità professionale ed informazioni al fine di maturare una logica di cooperazione che supporti lo sviluppo della capacity building degli attori del mercato del lavoro e ipotizzi nuove soluzioni tecnicamente innovative per la risoluzione di alcune tematiche afferenti a facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Pur considerando che l’attuale riforma della filiera istituzionale, con l’abolizione delle Province, abbia generato una situazione di incertezza legata sia allo stato psicologico in cui versa il personale destinato all’erogazione dei servizi attraverso i Centri per l’Impiego, sia di tipo istituzionale non essendo ancora stato chiarito chi sarà e a quale livello istituzionale (centrale o regionale) gestirà il complesso ciclo di apprendimento dell’incrocio della domanda e dell’offerta di lavoro.

A prescindere da questa peculiare situazione di vuoto istituzionale, è importante, per i soggetti che partecipano al tavolo, comprendere il livello e la qualità della frammentazione di tali informazioni al fine di comprendere il contributo da poter apportare al sistema ed i benefici che ne può trarre per la propria organizzazione o per le organizzazioni da essi rappresentate.

La logica con cui si dovrebbe interagire e riconoscere ai Centri per l’Impiego un ruolo di coordinamento e monitoraggio delle attività di intermediazione tra domanda e offerta, riprendendo le informazioni provenienti dai vari attori, sistemandole all’interno del SIL e di Cliclavoro e restituendole agli stessi in funzione dei benefici che ciascun attore deve conseguire in maniera trasparente, dichiarata e condivisa. Il servizio pubblico, inoltre, dovrà collaborare in sinergia con il sistema privato, limitando sovrapposizioni e concorrenze.

Poiché si tratta di un’attività estremamente complessa, la cui semplificazione ha finora prodotto più insuccessi che successi, tutti i partecipanti al tavolo condividono la necessità che debbano essere chiaramente esplicitati i risultati attesi, nonchè i contributi che si intende apportare al sistema locale, ciascuno per le proprie competenze ed esperienze. 2 In sede di primo incontro è stato chiesto a ciascun partecipante al tavolo di presentare la propria organizzazione, le esperienze realizzate, i bisogni e le aspettative attese.

Di seguito si riporta un breve riepilogo di sintesi di quanto emerso dagli interventi di ciascuno dei soggetti presenti al tavolo.

Confapi Napoli

Grazie ad una serie di analisi e studi sul sistema delle imprese locali, sulle aziende dei distretti turistici in particolare, e sul rapporto tra formazione e impresa, l’Associazione ha elaborato una serie di metodologie di supporto a vantaggio delle imprese associate. Alcune sperimentazioni sono state fatte coinvolgendo studenti che frequentano i corsi di laurea in ingegneria. Si sottolinea l’importanza di promuovere gli strumenti finanziari che consentono di ospitare i giovani nelle imprese, nonostante le difficoltà normative che disincentivano gli imprenditori. Risulta indispensabile attivarsi per il rilancio del territorio, fare rete tra imprese ed enti locali. Utile contributo dell’intervento sarebbe la diffusione del contratto di apprendistato, dove la crescita del dipendente sul piano formativo si accompagna allo sviluppo tecnico-professionale e comportamentale, nonché in generale del sistema normativo ed incentivante previsto dalle differenti tipologie contrattuali. Il valore aggiunto apportato dal tavolo, si ritiene, può essere determinato, piuttosto che dalla creazione degli ingranaggi, dal riuscire a dare senso ad un progetto, attraverso la messa a punto di percorsi che possano far confluire le idee della scuola, dell’università, dell’impresa, affinchè si possa costruire una serie di proposte concrete.

Ufficio Regionale Scolastico

È importante conoscere le possibilità offerte dalla normativa scolastica in funzione dell’alternanza scuola-lavoro, al fine di favorire l’impiego dei ragazzi in azienda prima che gli stessi abbandonino il percorso di studio. Si prenda ad esempio il contratto di apprendistato quale strumento da utilizzare e da promuovere per l’inserimento di studenti che frequentano il IV e V anno delle scuole superiori professionali e che rappresenta una grande opportunità per le imprese. Si tratta di creare familiarità e appartenenza tra scuola e impresa. La scuola non prepara al lavoro: occorre pensare alla possibilità che ci sia un arricchimento del percorso di istruzione. A tal uopo gli istituti scolastici promuovono la costituzione di Comitati Tecnico-Scientifici, ovvero nuove modalità per far stare insieme dirigente scolastico/insegnanti e imprese, favorendo un avvicinamento concreto al mondo del lavoro. Si tratta di uno strumento utile per guardarsi attorno ed attingere informazioni dalle fonti adeguate. Sarebbe proficuo offrire ai ragazzi una opportunità (quantificabile in una percentuale del 20% delle ore settimanali di istruzione) per rispondere alle esigenze delle imprese, purché ci sia una chiara declinazione in termini di competenze cercate. Si tratta di lavorare insieme per strutturare specifici percorsi formativi e di apprendimento. La partecipazione al tavolo rappresenta, pertanto, un’ottima opportunità per acquisire elementi concreti, rispetto ai fabbisogni del sistema delle imprese locali, per contribuire alla elaborazione e costruzione delle competenze e all’orientamento rispetto a specifici mestieri, fino alla gestione del colloquio di lavoro.

Unione Industriali di Napoli

Fortemente interessati all’iniziativa, i referenti di Confindustria considerano indispensabile mettere insieme le persone, nello sforzo di generare una visione comune e condivisa della trasformazione del mercato del lavoro. Bisogna unire il senso del cambiamento agli interessi concreti delle aziende. 3 L’Unione intende svolgere una funzione sociale utile per il miglioramento del mercato del lavoro, per questo motivo occorre mettere insieme più soggetti per creare sinergia e occupazione.
Attualmente il territorio soffre la desertificazione del mercato del lavoro, per cui risulta importante per ciascuno offrire il proprio contributo per cambiare la realtà dei servizi per il lavoro e facilitare l’incrocio tra domanda e offerta, attraverso la conoscenza dei fabbisogni di (nuove) competenze di cui l’Unione è portatrice. Il tavolo, infine, si propone, dovrà affrontare il problema di implementare una piattaforma informatica che supporti le nuove funzioni e necessità.

Università Parthenope

L’Ateneo ha esperienza, seppur recente, di placement avviata con il progetto Fixo del Ministero del Lavoro e con l’attività di pubblicazione dei curricula sul portale nazionale cliclavoro, per assolvere all’obbligo previsto in capo ai soggetti autorizzati all’intermediazione. Lo strumento dell’apprendistato offre ampie aree di miglioramento da mettere maggiormente a fuoco: esiste, infatti, un grande problema di rilevazione del fabbisogno delle imprese. Questo si riflette anche sulla curvatura di offerta sull’utilizzo del contratto di apprendistato. Si presta molta attenzione alle aspettative del mondo delle imprese; tuttavia è necessario che anche il sistema delle imprese comprenda il ruolo ed il valore dell’Università. Esiste una funzione degli istituti universitari nei confronti dello studente e del suo sviluppo che non può essere trascurata o minimizzata. L’università è tenuta a lavorare sull’essere, molto più che sul fare, anche se può migliorare relativamente allo sviluppo di metodi per i saperi relazionali ed il lavoro in gruppo. L’entusiasmo a partecipare all’iniziativa dovrà essere accompagnato dallo sviluppo di processi attuativi per facilitare l’interazione.

Forum permanente della responsabilità

Il forum ha già messo insieme datori di lavoro e terzo settore attraverso un percorso orientato verso tematiche trasversali di confronto. Ogni soggetto deve tener conto del proprio operato per dare risposte in termini di rating di legalità, ambiente, sicurezza, etica. Si è realizzata, così, una integrazione strategica utile per sviluppare una dimensione competitiva basata sulla creazione di competenze organizzative che si confrontano, rendono e danno conto. Nell’ambito del lavoro si tratterebbe di trasferire una nuova cultura del fare impresa, basata sull’etica della partecipazione e della messa a disposizione come metodo di lavoro e di alimentazione della rete territoriale. Le imprese, per avviare e sostenere un processo di cambiamento del sistema lavoro, necessitano delle competenze appropriate e delle figure ad alta responsabilità sociale, per affrontare il tema della sostenibilità e cultura di impresa. Il forum è promotore di una legge regionale sul marchio etico e per l’osservatorio sui rating, in collaborazione con Manageritalia.

CESAF Maestri del lavoro d’Italia 

Associazione  composta da uomini d’azienda che svolgono funzione di collegamento tra il mondo dell’istruzione (scuola-università) ed aziende, dall’orientamento all’inserimento nel mercato del lavoro. Il tavolo, per essere utile e costruttivo, dovrà affrontare tematiche concrete in favore di giovani in uscita dai percorsi scolastici e disoccupati. Nei momenti di maggiore difficoltà si rende necessario dialogare con i ragazzi nelle scuole; al contempo risulta problematico incrociare il sistema delle aziende. Il tavolo può rappresentare un’opportunità per incrociare i fabbisogni professionali richiesti dalle aziende ed i gap formativi necessari per colmarli, nello sforzo di adeguare gli strumenti ed i mezzi del sistema di istruzione e formazione alle necessità emergenti, ed alle nuove tecniche e moderne metodologie di lavoro, favorendo il collegamento tra scuola e impresa, attraverso lo sviluppo di progetti vantaggiosi per tutti i soggetti coinvolti.

Movimento cooperativo AGC – ACI

È necessario fare sintesi, come momento di sviluppo culturale. Il modello della concertazione forse non è mai riuscito a portare l’ambito delle opportunità e delle possibilità a convenienze reali. Forse perché i differenti soggetti non sono mai riusciti a ritrovarsi in una sintesi operativa. L’esigenza di offrire un contributo al mercato del lavoro, tuttavia, per funzionare deve preventivamente stabilire un rapporto di equità tra i diversi componenti del tavolo (stessi impegni di partecipazione attiva, rispetto delle argomentazione, attenzione), e creare relazioni umane tra i soggetti coinvolti, capaci di generare ulteriori opportunità di relazioni.

APL – Consulenti del lavoro

Si evidenzia un disallineamento tra le azioni di ricerca di personale ed il sistema imprenditoriale: non c’è filtro tra scuola, università e imprese. Occorre riorganizzare i servizi offerti dai cpi del territorio e ridefinirli rispetto ai mutamenti del mercato del lavoro, sull’impronta di quanto accade attraverso i social network professionali, quali Linkedin.

ManagerItalia

La categoria dei dirigenti aziendali manifesta un diffuso problema di consapevolezza, conseguente all’essere troppo vincolato all’azienda, di fatto svuotando la figura del manager. Questo problema in certe professionalità ha impattato in maniera violenta fino a generare uno svuotamento di senso nel mercato del lavoro. È importante quindi riflettere sulle potenzialità di nuovi lavori connessi proprio alla ricerca e valorizzazione dei contenuti del lavoro manageriale. Occorre abbreviare e snellire i tempi che intercorrono per passare dall’idea al prodotto e, soprattutto, accelerare i processi di formazione delle persone, per non rischiare di rendere i percorsi formativi obsolescenti nel breve periodo. Esiste un problema di distanza tra competenze possedute e la possibilità di metterle in campo in tempi ragionevoli. Ciò introduce tematiche fondamentali, che si ritiene utile affrontare al tavolo di lavoro, quali la ricostruzione della carriera, la certificazione delle competenze, il ruolo dei servizi per il lavoro, anche in virtù dei repentini mutamenti nel mondo del lavoro (si pensi ai processi di placement che si sviluppano attraverso i social, in particolare su Linkedin). Fatica la scuola a far decollare strutture generatrici di modelli innovativi, faticano gli attori dei centri per l’impiego a rinnovare il proprio ruolo di relazioni tra scuola e impresa. Manca un modello di interazione, ma manca anche una programmazione integrata tra soggetti che comunque dovrebbero generare una rete protettiva in grado di rassicurare l’utente (lavoratore) nel muoversi all’interno del mercato del lavoro. Non ci sarà forse mai un cambiamento radicale se non si genereranno momenti positivi destinati alla conoscenza vera, in grado di sviluppare idee semplice, in grado di progettare qualcosa che possa essere proposta al decisore politico per facilitare il passaggio dalla declaratoria all’azione.

 

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Incontro del 11 giugno 2015

 

Nel corso del secondo incontro è stato chiesto a tutti i partecipanti al tavolo di indicare 3 fattori che, a parer loro, condizionano i processi di intermediazione tra Domanda ed Offerta di lavoro sul territorio della Città Metropolitana di Napoli. Di seguito si riporta un riepilogo di quanto emerso dagli interventi di ciascuno dei soggetti presenti al tavolo e dal relativo dibattito.

 

  1. Tempi troppo lunghi per colmare i gap formativi: anche per questa ragione le attività formative mirate alle esigenze aziendali risultano poco efficaci.

 

  1. Scarsa informazione, sia rivolta ai giovani che al mondo del lavoro, per quel che concerne le figure professionali richieste: i servizi attivi offerti ai giovani dovrebbero basarsi su una comunicazione mirata ed efficace, evidenziando le figure professionali più richieste sul mercato. Molto spesso si finisce col dare informazioni vaghe, per cui la figura professionale obiettivo non risulta chiaramente definita.
  2. Frammentazione delle competenze: ogni soggetto/interlocutore vanta delle competenze specifiche in materia di lavoro, senza curarsi di far convergere le proprie informazioni verso gli altri soggetti coinvolti. Tutti i servizi offerti sono frammentati. Perfino all’interno di un piano di formazione aziendale spesso si parla di figure professionali e manageriali senza sviluppare una visione sistemica. Si trascurano le problematiche scaturenti dall’interfaccia tra differenti competenze istituzionali, organizzative e professionali. Questa frammentazione si ripercuote anche sulla qualità della curvatura del curriculum scolastico, vanificando le potenzialità offerte dall’alternanza scuola-lavoro. Altrettanto grave è la frammentazione istituzionale di competenza (tra ministeri, regioni, ex province) che genera sovrapposizioni o interferenze tra i diversi ruoli, contribuendo a rallentare notevolmente i tempi nelle azioni di identificazione dei fabbisogni, definizione delle qualifiche e livelli essenziali, erogazione della formazione, sistema di monitoraggio e validazione.
  3. Le competenze degradano molto velocemente: di conseguenza i contesti in cui si progetta, si organizza e si eroga la formazione non riescono ad allinearsi alle reali ed immediate esigenze. È un problema di tipo strutturale. Un soggetto estromesso dal mercato del lavoro rischia di essere immediatamente marginalizzato. Il problema è che sia i canali di comunicazione, sia i linguaggi utilizzati dai vari attori sono così disallineati che nessuno immagina il contributo che può ottenere informando l’altro, nell’ottica di un unico sistema. Così alla scuola/università non viene comunicato il bisogno dell’azienda, all’azienda non viene descritta l’opportunità della curvatura del curriculum e così via. Occorre sostituire ad un atteggiamento critico uno spirito propositivo che consenta di sviluppare alternative e sinergie. Invece di continuare a dire che il sistema dell’istruzione non forma persone competenti, perché non iniziare a condividere concretamente il concetto di competenza? Questa carenza ha radici spesso molto profonde, legate ad una visione di breve periodo che accomuna sia il mondo politico, sia quello produttivo e istruttivo. Questa visione, mortificando le attività di pianificazione, spinge tutti ad aggregare e disaggregare progetti e servizi all’occorrenza: accade che le figure professionali specifiche emergenti e maggiormente richieste, piuttosto che ricavarsi da analisi/studi/condivisioni/ricerche,  si leggono su giornali specialistici (ad esempio lo sviluppatore di APP per smartphone).
  4. Gli interventi in materia di orientamento al mondo del lavoro sono sporadici e spesso non erogati da chi si occupa quotidianamente di recruitment e selezione: chi va in aula per erogare servizi di orientamento ai giovani spesso non conosce l’impresa, le sue problematiche, sia interne, sia di rete, connesse alla catena produttiva. È importante coinvolgere i giovani nella comprensione della cultura della fabbrica, del clima che si respira all’interno di un’azienda, delle dinamiche interpersonali, dei percorsi di carriera, dei ruoli e delle responsabilità. Per strutturare un buon lavoro di orientamento è fondamentale possedere le competenze per rappresentare anche il mondo aziendale. L’orientamento è il momento in cui ai ragazzi del 4° e 5° anno delle superiori si deve iniziare a far conoscere il mondo esterno al sistema scolastico. In questo lavoro potrebbe essere utile coinvolgere gli associati di Federmanager e di ManagerItalia, promuovere accordi tra scuole e associazioni. Inoltre l’orientamento, se è considerato prioritario dalla scuola, deve essere svolto in orario curriculare. Esso deve mettere il ragazzo in grado di:
  • Conoscere se stesso;
  •  Conoscere il mondo esterno;
  • Saper scegliere cosa fare.

La didattica orientativa deve sviluppare delle proposte organizzative sostenibili, in grado di creare percorsi che mettano i partecipanti nelle condizioni di fare scelte consapevoli e razionali. Questo potrebbe facilitare la riuscita dei programmi, si pensi a Garanzia Giovani.

Ad esempio in Campania MIUR e Unione Industriali hanno sperimentato un percorso “Studiare l’impresa, l’impresa di studiare” dove funziona il pezzo di orientamento verso il lavoro, ma manca l’orientamento alla persona. Di fondamentale importanza è la disponibilità dell’imprenditore a partecipare al progetto.

  1. Utilizzo di canali non formali (più efficaci): a più di 15 anni dal decentramento delle politiche del lavoro, per cercare lavoro funziona più la rete non formale, costituita dalle proprie relazioni personali, la presentazione da parte di un amico, di un parente, che la rete formale, che eroga servizi per il lavoro. Anche se con il tempo i servizi di profilazione dell’offerta di lavoro sono attivi più o meno ovunque, quello che non funziona è il meccanismo che genera fiducia da parte della persona per i servizi per il lavoro. I NEET rappresentano la maggiore evidenza di un mondo del lavoro che è sfiduciato sia nei confronti degli operatori dei servizi per il lavoro sia nei confronti del mondo dell’istruzione (scuola e università). Ciò che rende la persona sfiduciata è la consapevolezza che il lavoro si trova molto più facilmente in base alla conoscenza delle persone giuste che alla conoscenza delle cose giuste. Per questo i canali non formali diventano sempre più i canali di cui la persona si fida, oltre al fatto che questi si nutrono dell’inefficienza dei percorsi di orientamento. Oggi l’85% dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro avviene attraverso i canali non formali, evidenza oggettiva della diffidenza della persona verso il sistema, il servizio pubblico, i centri per l’impiego, la formazione professionale, le agenzie per il lavoro.
  1. Mancata trasformazione dei contratti di apprendistato: spesso i ragazzi assunti con contratto di apprendistato restano disorientati rispetto al comportamento delle imprese in caso di mancata trasformazione a tempo indeterminato. Da un lato c’è l’importanza assegnata al ruolo della formazione durante il triennio, quale opportunità di sviluppo per la persona e l’organizzazione. Dall’altra si evidenzia la totale assenza di una visione post-apprendistato che valorizzi il bagaglio acquisito dal giovane. Nessuno si è mai chiesto perché la piattaforma della Regione non preveda di tracciare cosa accade dopo il percorso di apprendistato, al fine di valorizzare il valore aggiunto acquisito dall’esperienza in caso di interruzione del rapporto di lavoro. Spesso l’azienda non assume l’apprendista in scadenza ma, aspettando un lasso di tempo prestabilito, assume altri apprendisti, al solo scopo di beneficiare degli incentivi previsti. C’è un gap tra periodo di apprendistato e assunzione a tempo indeterminato che nessuno ha sinora considerato come area di miglioramento del sistema. Un primo aspetto riguarda la valorizzazione e validazione delle competenze acquisite dopo l’esperienza di formazione e lavoro, e quanto queste possano rappresentare un’opportunità competitiva per l’azienda. L’uscita dall’impresa, o il mancato rientro nel mercato del lavoro con forme contrattuali standard, dovrebbe essere ben intercettata dalla piattaforma regionale e monitorata in termini sia quantitativi sia qualitativi. Il problema consiste nel ricercare e proporre le modalità con cui una persona che ha acquisito competenze spendibili sul mercato possa comunicarle e proporle al fine di intercettare una domanda di lavoro qualificata. Ci sono delle grandi aree di miglioramento sia per quel che concerne la consapevolezza delle competenza acquisite durante l’apprendistato, sia per quel che concerne la conoscenza dei canali per la proposizione del proprio profilo sul mercato del lavoro.
  1. Mancata comunicazione tra mondo accademico e imprese: si pensi al valore che potrebbero assumere i tirocini, gli stage e i percorsi di formazione professionalizzante per supportare un’offerta di lavoro orientata dalla conoscenza dei bisogni della domanda. Questo renderebbe l’orientamento in uscita uno dei servizi a maggior valore aggiunto per accompagnare i giovani verso il mondo del lavoro. Si tratta di fare le cose con una prospettiva sistemica, generando ambienti in cui scuola e impresa possano dialogare in maniera serena e dove anche la pletora dei soggetti privati possa, con una saggia regia dei centri dell’impiego, offrire servizi utili per il sistema e remunerativi per le singole organizzazioni. Si tratta quindi di affiancare il giovane in uscita dai percorsi di istruzione, garantendo in percorso valido di orientamento che consenta di trovare il senso del proprio divenire.
  1. Domanda estemporanea e tardiva: la maggior parte delle richieste di lavoro sono caratterizzate dall’urgenza. Spesso non esiste una pianificazione del bisogno. La richiesta si formula sempre alla fine, caratterizzata da un processo tardivo basato sulla necessità che la domanda non riesce ad affrontare e superare. Forse questa è la risultante del come sono fatti gli italiani e dei vuoti decisionali che spesso caratterizzano la gestione di processi complessi quali quelli della pianificazione del fabbisogno delle competenze connesse allo sviluppo dell’impresa. In questo campo un ruolo fondamentale dovrebbe essere svolto dalle associazioni datoriali che spesso si appiattiscono sulla gestione di informazioni distanti dalle reali esigenze dei propri associati.
  1. Il tessuto aziendale viene coinvolto poco nella definizione dei suoi reali desiderata: spesso nessuno chiede all’impresa cosa realmente le occorra. Questa domanda riguarderebbe la ridefinizione delle job description sia in termini declaratori sia di sostanza. Si tratterebbe di identificare sia i ruoli che si estinguono, sia quelli che si evolvono rapidamente trainati da fattori specifici. La conoscenza di tali informazioni potrebbe fornire ciò che realmente serve ai soggetti del mondo del lavoro e che potrebbero rappresentare il volano dell’aggiornamento continuo. Compiti spendibili sul medio-lungo periodo, competenze valoriali, esperenziali. Si dovrebbe fare uno sforzo per separare quelle che sono le competenza soft, comuni a tutti, che rappresentano quelle 5 o 6 aree di stabilità, quali la capacità di lavorare in team, l’autonomia, la proattività, dalle competenza tecniche legate al job i cui contenuti spesso cambiano velocemente in funzione dell’evoluzione dei fattori che le governano. Si tratta quindi di dare senso alla sovrabbondante produzione pseudoscientifica che legano conoscenze-competenze-saper essere-saper fare. Una sintesi che porti ad una attribuzione di senso alla triade di EUROPA 2020 conoscenza-abilità-competenza, come semplice processo di saper mettere in atto una conocenza attraverso delle abilità esercitate con competenza. Prima di andare sulle competenze, è importante, quindi, focalizzare l’attenzione sulla capacità di gestione del cambiamento in una prospettiva di breve o medio-lungo periodo.
  1. Mancato inserimento di attività di orientamento nel curriculum scolastico: le attività di orientamento non possono essere considerate come un accessorio del percorso scolastico. Questo deve essere un tassello inserito nel sistema istruttivo deputato allo sviluppo del curriculum. In questo senso operano i Comitati Tecnico Scientifici delle scuole. Essi devono ragionare su profili, richieste, programmi di sviluppo delle imprese e, in funzione di queste informazioni, deve progettare una curvatura del curriculum come efficace meccanismo di alternanza scuola-lavoro. Molto spesso questi meccanismi di alternanza scuola-lavoro vengono visti come una parentesi nel percorso scolastico, piuttosto che una attività caratteristica e distintiva del percorso di orientamento offerto a ciascuna singola persona in funzione delle proprie specifiche qualità, propensioni e potenzialità. Due settimane trascorse in azienda trovano senso nel percorso di studi se riescono ad essere valorizzate e inserite nel singolo curricula con pari dignità delle due settimane trascorse in aula ad acquisire nuove conoscenze teoriche. L’alternanza scuola-lavoro richiede questo salto di qualità della valutazione: come si fa a valorizzare la capacità di portare a termine un compito, magari all’interno di un project work, e a compararlo con la capacità di dimostrare la conoscenza di un autore classico o di un periodo della nostra storia. Si aprono nuovi spazi anche di formazione per gli insegnanti affinché possano vivere l’alternanza scuola-lavoro non come una sottrazione di tempo allo studio, ma come una nuova strutturazione della costruzione del curriculum in funzione di metodologie sotto molti aspetti nuove, sconosciute e spesso banalizzate dai fattori della moda e del riduzionismo dinamiche.
  1. Assenza di un organismo che svolga funzioni di coordinamento: manca un tramite tra scuolalavoro-persona. Forse questa è la domanda di fondo del dove andranno a finire i centri per l’impiego, di dove sono collocati i centri di orientamento scolastico, dove sono finiti i centri di orientamento regionali (COP). Vive una forte frammentazione delle competenze e delle responsabilità, un rapporto di un addetto del cpi per 400 utenti che porta a delle dotazioni di organico insignificanti e a una legittima insignificanza dei servizi da essi erogabili. Molto spesso il sistema funziona a macchia di leopardo o perché alcuni soggetti riescono a interagire in un territorio a bassa complessità socio-economica o per lo spirito garibaldino di alcuni esponente della pubblica amministrazione. Quello che manca è un soggetto che funga da catalizzatore di domanda e risposta sul territorio. Senza meccanismi remunerativi, quali la dote personale, anche i soggetti privati tendono ad assentarsi. Nelle pieghe di questo scollamento si rischia di perdere opportunità scaturenti da progetti, quali garanzia giovani, che potrebbero rappresentare un’opportunità di cambiamento. Si tratta quindi di mettere i cpi in condizioni di operare meglio. È importante comprendere il ruolo del pubblico, le difficoltà incontrate dagli operatori dei centri per l’impiego sia in funzione della burocrazia interna sia della dotazione ridotta di organico sia in termini di scollamento tra programmazione delle politiche attive e reali servii offerti al territorio. Si tratta quindi di identificare un soggetto che si metta al centro dei sistema e che connessa i differenti elementi del sistema in un’ottica di sviluppo di servizi innovativi.
  1. Scarsa diffusione di informazioni su incentivi per favorire incrocio D/O: assenza di scambio di informazioni soprattutto sugli incentivi esistenti a beneficio del sistema imprenditoriale. Chi informa chi? È il grande tema che riguarda la possibilità di condurre a sistema i differenti tasselli: Garanzia Giovani, dote, servizi per il lavoro.
  1. Ricerche/richieste non qualificanti: molto spesso la richiesta di profili professionali risulta essere molto generica, scarsamente declinata in conoscenze, abilità e competenze. In questo modo ad un’unica inserzione rispondono centinaia di persone con profili spesso eterogenei e distanti dal profilo obiettivo. Uno a molti porta al reclutamento massificato e all’alimentazione della rete non formale. Tuttavia bisogna ragionare sulla incapacità di trasferire un fabbisogno aziendale attraverso una descrizione compiuta e dettagliata del profilo professionale richiesto. Questa carenza culturale, letta dal lato dell’offerta, comporta che molto spesso lo stesso lavoratore non sa descrivere quello che sa fare e rischia di non valorizzare le proprie competenze.
  1. Mancanza di dialogo tra sistema educativo e imprese sui rispettivi fabbisogni: la carenza di dialogo va interpretata sia in termini di canale che di codice: la scuola e le imprese hanno linguaggi e visioni della realtà molto distanti tra di loro, questo si riflette anche in termini di competenze. In genere esiste una forte chiusura del sistema rispetto alla creazione di relazioni e reti strategiche, si volge la massima attenzione alle cose da fare, ma si da poca importanza a come queste debbano essere ridisegnate in un’ottica di interazione e di condivisione.
  1. Assenza del mondo delle imprese, delle associazioni di categoria, nella definizione dell’offerta formativa: il mondo delle imprese e le associazioni di categoria, spesso, non definiscono insieme,il contenuto e il senso dell’offerta formativa. A livello teorico l’integrazione è normata con la costituzione di comitati, tavoli e altre forme di aggregazione che spesso risultano ignote ai rappresentanti delle varie parti in causa. Esiste un grande problema ontologico delle associazioni nei riguardi dell’offerta formativa integrata. Tuttavia, se solo confluissero tutti gli studi, le ricerche, le analisi finora condotte isolatamente da ciascuno dei potenziali partner, invece di un arricchimento di conoscenza, si produrrebbe un caos. Bisognerebbe elaborare una biblioteca delle ricerche che portasse a sintesi e ad operatività anni e anni di ricerche sul mercato del lavoro e sul ruolo della rete a supporto dei servizi per l’impiego. Questa integrazione delle conoscenze dovrebbe fornire uno strumento che faciliti lo scambio e comporti dei benefici agli associati, almeno pari agli interessi contrapposti che spesso inibiscono la ricerca della soluzione. Bisogna comprendere come l’azione comune possa rappresentare un ritorno di interesse per tutti. Forse è la scuola che può tirare dentro tutti, perché la scuola genera un senso di appartenenza diffuso tra giovani, famiglie e mondo del lavoro. Bisogna essere capaci di cogliere delle opportunità nell’interesse del singolo e del gruppo (ad esempio: progetto start up giovani). Bisogna tuttavia superare il problema culturale dell’autoreferenzialità e dell’autofagia dei sistemi. Oltre gli strumenti normativi è importate fare leva sulle esperienze fatte.
  1. Offerta generica per tutte le stagioni: a domanda generica si risponde in maniera generica: oggi si punta molto ad offrire competenze molto generiche, anche a causa dei rischi connessi alla limitata spendibilità del profilo specifico.
  1. Le buone prassi e i servizi erogati dai centri per l’impiego sono diffusi poco e male: esiste una diffusa incapacità di relazionarsi al territorio. Non esiste un marketing dei centri per l’impiego locali che sia in grado di far comprendere alle imprese e alle persone la tipologia di servizi offerti e disponibili.

Il problema emerge, in particolare in questo periodo, nell’ambito delle azioni previste dal programma Garanzia Giovani. Tuttavia è il caso di valorizzare ciò che nel disegno complessivo, sia pur non funzionando a dovere, è almeno ben concepito nella sua logica. In questa direzione l’aver legato la remunerazione dei servizi al risultato occupazionale potrebbe rappresentare un primo passo verso lo sviluppo di un sistema integrato ed efficiente.

  1. Cattiva divulgazione da parte delle imprese sulle reali necessità di risorse umane: manca uno studio sulla necessità dell’impresa di gestire le risorse umane basata sul principio della gestione delle scorte di magazzino. Dovrebbe esserci un obbligo di legge per cui le aziende sarebbero obbligate a dichiarare le loro esigenze in termini di profili professionali: così si potrebbe rispondere in maniera puntuale alla necessità di formazione sulle competenze di base. Opportuno sarebbe, inoltre, informare e indirizzare le aziende ad utilizzare gli importi accantonati nei fondi interprofessionali: la gestione attenta di tali risorse sicuramente può accrescere le opportunità di realizzare una formazione continua da progettare in maniera mirata, utile ed a costo zero per l’azienda.

A conclusione dell’ampio dibattito, è stato chiesto ai presenti di individuare le aree di intervento emerse nel corso della giornata di lavoro. Sono state così determinate le seguenti aree: – informazione e comunicazione;

  • integrazione;
  • ottimizzazione risorse; – governance.
maestridellavoro
ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.

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