Papa Francesco ai Maestri del lavoro d’Italia, una lezione inascoltata

“È importante il contributo che, come Maestri del Lavoro d’Italia e seguendo diverse strade, avete portato alla crescita di un contesto sociale più inclusivo e dignitoso per tutti. La vostra Federazione rappresenta in tal senso un esempio di impegno e di servizio al bene comune. Oltre a questo, visto il solenne riconoscimento pubblico ricevuto da ognuno dei suoi membri, essa porta il peso di una maggiore responsabilità, e il dovere di una costante e instancabile dedizione.”

Sono queste le parole  che il santo padre ha rivolto agli insigniti  della stella al merito del lavoro in una udienza che ha coinciso con il convegno  biennale che gli stessi hanno tenuto a Roma.

Ben diverso sarebbe stato il discorso del Papa se  si fosse reso conto della realtà e del magistero che sono chiamati ad assolvere e che di fatto viene sempre disatteso o affrontato con leggerezza ed approssimazione.

Una federazione che non riesce a trasmettere i veri valori della missione che gli compete, e  spesso, come dimostrano la maggioranza dei 16 mila iscritti, una volta avuto il riconoscimento disattendono il loro compito di essere maestri non solo del lavoro ma di vita.

Anche gli inutili convegni si risolvono con buoni propositi che non vengono mai mantenuti ed il tutto  si concreta nel pressapochismo e nella improvvisazione o peggio nel fregiasi, senza meritarlo,  di un titolo di console per chi è investito di una carica provinciale o regionale.

I Cesaf se  ha potuto e voluto realizzare progetti per la collettività e per i giovani è riuscito a farlo fuori e lontano dalla Federazione, altrimenti sarebbe stato impossibile. 

Ci auguriamo che dopo l’incontro del Papa qualcosa possa cambiare e la maggioranza dei  maestri del lavoro  non vadano solo  ai pranzi e le gite fuori porta, ma si dedicano al ruolo che  gli compete dell’essere magister  nel pieno significato del termine.

Il Papa, ricevendo in udienza nell’Aula Paolo VII  i  partecipanti al Convegno nazionale della Federazione maestri del Lavoro in Italia, ha espresso la sua “preoccupazione” per la “condizione attuale dell’umanità e del creato, che portano impressi in profondità i segni del peccato, segni di inimicizia, di egoismo, di cieco privilegio di sé. 

L’impressione e che si rivolgesse ad un uditorio sordo e distratto, piuttosto  propenso alla cena sociale più che alla missione che le compete.  Se le sperane future ed il miglioramento economico della Patria e dell’umanità possono  arrivare dalla preparazione dei giovani e nel dare loro certezze, (compito principale di un insignito) Sua Santità  in merito  ha affermato:  “Non ci lascino mai passivi o indifferenti la debolezza e la sofferenza che toccano così tante persone, ma che possiamo diventare sempre più capaci di riconoscerle nei volti dei fratelli, per tentare di alleviarle”,

Una lezione di livello universale su cui tutti il mondo lavorativo deve trarre insegnamento, quindi  pubblicizzato e diffuso tra i maestri del lavoro, ma tolto i pochi privilegiati  presenti  dei sedicimila iscritti nessuno sapeva dell’evento ne tanto meno  il discorso del Papa e stato riportato  sul sito il sito della Federazione .

Di seguito il Discorso integrale del  del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

buongiorno e benvenuti! Sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro Convegno nazionale, che rappresenta una preziosa occasione di condivisione, oltre che di riflessione, su alcuni temi fondamentali per la nostra società e il nostro mondo.

È importante il contributo che, come Maestri del Lavoro d’Italia e seguendo diverse strade, avete portato alla crescita di un contesto sociale più inclusivo e dignitoso per tutti. La vostra Federazione rappresenta in tal senso un esempio di impegno e di servizio al bene comune. Oltre a questo, visto il solenne riconoscimento pubblico ricevuto da ognuno dei suoi membri, essa porta il peso di una maggiore responsabilità, e il dovere di una costante e instancabile dedizione.

Fin dalla storica Enciclica Rerum novarum di Papa Leone XIII, la dottrina sociale della Chiesa ha posto il lavoro al centro delle questioni che riguardano la società. Il lavoro al centro. Il lavoro, infatti, sta al cuore della vocazione stessa data da Dio all’uomo, di prolungare la sua azione creatrice e realizzare, attraverso la sua libera iniziativa e il suo giudizio, un dominio sulle altre creature che si traduca non in asservimento dispotico, ma in armonia e rispetto.

Siamo chiamati a contemplare la bellezza di tale progetto divino, che è fondato sulla concordia, quella tra gli esseri umani e quella con gli altri esseri viventi e la natura. Al tempo stesso, guardiamo con preoccupazione alla condizione attuale dell’umanità e del creato, che portano impressi in profondità i segni del peccato, segni di inimicizia, di egoismo, di cieco privilegio di sé. Quante persone ancora rimangono escluse dal progresso economico. Quanti nostri fratelli soffrono perché schiacciati da violenza e guerre, o per il degrado dell’ambiente naturale. Quanti, ancora, sono oppressi per la marginalità in cui vengono relegati, e patiscono per la carenza di prospettive positive per il futuro, e quindi di speranza!

Non ci lascino mai passivi o indifferenti la debolezza e la sofferenza che toccano così tante persone, ma che possiamo diventare sempre più capaci di riconoscerle nei volti dei fratelli, per tentare di alleviarle. Che siamo sempre più solleciti nel cercare di rendere, a chi l’abbia perduta, la speranza di cui ha bisogno per vivere; essa infatti rappresenta, in qualche modo, il primo e più fondamentale diritto umano, dei giovani prima di tutto. Il diritto alla speranza, quella speranza cancellata oggi per tanta gente… Il primo diritto umano: il diritto alla speranza.

La speranza in un futuro migliore passa sempre dalla propria attività e intraprendenza, quindi dal proprio lavoro, e mai solamente dai mezzi materiali di cui si dispone. Non vi è infatti alcuna sicurezza economica, né alcuna forma di assistenzialismo, che possa assicurare pienezza di vita e realizzazione personale. Non si può essere felici senza la possibilità di offrire il proprio contributo, piccolo o grande che sia, alla costruzione del bene comune. Ogni persona può dare il suo apporto – anzi deve darlo! – così da non diventare passiva, o sentirsi estranea alla vita sociale.

Per questa ragione, una società che non si basi sul lavoro, che non lo promuova concretamente, e che poco si interessi a chi ne è escluso, si condannerebbe all’atrofia e al moltiplicarsi delle disuguaglianze. All’opposto, una società che, in spirito sussidiario, cerchi di mettere a frutto le potenzialità di ogni donna e ogni uomo, di ogni provenienza ed età, respirerà davvero a pieni polmoni, e potrà superare gli ostacoli più grandi, attingendo a un capitale umano pressoché inesauribile, e mettendo ognuno in grado di farsi artefice del proprio destino, secondo il progetto di Dio. Farsi artefici: quella dimensione “artigianale” dello sviluppo della propria vita, quella dimensione personale del lavoro.

Nel dibattito di questi giorni di Convegno, avete messo in relazione la tematica del lavoro con il ricchissimo patrimonio ambientale, artistico e culturale italiano, che rappresenta per il Paese il bene comune più prezioso. I tesori del passato, infatti, vivono attraverso il tempo grazie alla cura di coloro a cui sono affidati, e l’ineguagliabile eredità di arte e cultura in Italia costituisce un potenziale unico, da mettere a frutto con politiche avvedute e strategie di lungo termine. Anche a voi, dunque, Maestri del Lavoro, spetta il compito morale e civile di diffondere, promuovere e ampliare la cura del “Bel Paese” (cfr F. Petrarca, Canzoniere, CXLVI, v. 13).

Nel perseguire tale obiettivo, emerge come primaria la questione morale. Essa è giustamente posta al centro della vita della Fondazione, che si ispira ai valori della «correttezza, responsabilità e trasparenza» (Codice Etico, art.1), e si propone di vivere, testimoniare e diffondere questi stessi principi in tutto il contesto sociale, specialmente in quello lavorativo. Rinnovare il lavoro in senso etico significa infatti rinnovare tutta la società, bandendo la frode e la menzogna, che avvelenano il mercato, la convivenza civile e la vita stessa delle persone, soprattutto dei più deboli.

Per fare questo, per testimoniare cioè i valori umani ed evangelici in ogni contesto e in ogni circostanza, è necessaria una tensione alla coerenza nella propria vita. Coerenza nella vita, e armonia nella propria vita. C’è bisogno di concepire la totalità della propria vita «come una missione» (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 23): una missione armonica.

Solo con questo spirito oblativo, solo se l’amore per i fratelli ci brucia dentro come un “carburante spirituale” – il quale, a differenza di quelli fossili, non si esaurisce ma si moltiplica con l’uso – la nostra testimonianza sarà davvero efficace, e capace di incendiare, mediante la carità, tutto il nostro mondo. «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, – dice Gesù ai discepoli – e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). A noi, oggi, è affidata questa fiamma; a noi è dato lo Spirito del Signore, Spirito di forza, di coinvolgimento, di santità e misericordia: «Ecco ora il momento favorevole!» (2 Cor 6,2).

Ci siano di guida, in questo cammino arduo ma entusiasmante, le Beatitudini di Gesù nel Vangelo (cfr Mt 5,3-11; Esort. ap. Gaudete et exsultate, 67-94): ci portino a guardare sempre con amore a Gesù stesso, che le ha incarnate nella sua Persona; ci mostrino che la santità non riguarda solo lo spirito, ma anche i piedi, per andare verso i fratelli, e le mani, per condividere con loro. Insegnino a noi e al nostro mondo a non diffidare o lasciare in balìa delle onde chi lascia la sua terra affamato di pane e di giustizia; ci portino a non vivere del superfluo, a spenderci per la promozione di tutti, a chinarci con compassione sui più deboli. Senza la comoda illusione che, dalla ricca tavola di pochi, possa “piovere” automaticamente il benessere per tutti. Questo non è vero.

Vi auguro un proficuo cammino associativo e soprattutto buon lavoro! Vi chiedo per favore di pregare anche per me, e invoco su di voi e sui vostri familiari la benedizione di Dio. Grazie!

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ll “Centro Studi e Alta Formazione Maestri del Lavoro d’Italia” in sigla “CeSAF MAESTRI DEL LAVORO” è legalmente costituito in associazione culturale, senza scopo di lucro. Cura e promuove la formazione dei Maestri del Lavoro aderenti e degli affiliati laici intesi come persone non insignite Stella al Merito, ma che perseguono gli stessi fini quali: favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e a diffondere i sani principi a esso connessi, così come richiesto dal decreto del ministero del lavoro firmato dal presidente della repubblica per l’assegnazione della Stella al Merito.

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